BRIAN WILSON – ‘At My Piano’ cover albumCome dovresti considerare un album per pianoforte tutto strumentale del genio del cantautorato che è Brian Wilson, meglio conosciuto per aver inventato probabilmente le migliori armonie vocali nella musica moderna come membro dei Beach Boys?

Questo potrebbe effettivamente essere un compito piuttosto intrigante per molti ascoltatori, ma anche per il compositore stesso, poiché “At My Piano” è esattamente ciò che dice il titolo, Brian Wilson da solo con il suo pianoforte, che suona alcune delle proprie migliori canzoni. Come sappiamo, ce ne sono troppe per stare in un album singolo. C’era una volta, prima di diventare uno scrittore di canzoni e una mente in uno studio di registrazione, un ragazzino che suonava il pianoforte verticale nella sua casa di Hawthorne, in California.

Ora, a 79 anni, Wilson ci dà un assaggio di come avrebbe potuto essere. “At My Piano” è proprio quello che suggerisce il titolo: Wilson, e solo Brian, al pianoforte, suonando 15 delle sue composizioni più famose con una dolcezza austera che, anche su altoparlanti, cuffie o auricolari, ti fa sentire come se fossi nella sua stanza per un recital personale. Sono 50 minuti alla presenza remota di un vero genio come è meglio apprezzato il nostro nel mondo musicale.

Detto questo, il disco è sicuramente un tipo di esperienza musicale di sottofondo e difficilmente potrai scegliere tra le maestose e corpose registrazioni con cui abbiamo così tanta familiarità. L’ ascolto di queste versioni melodicamente fedeli di “God Only Knows”, “California Girls”, “Wouldn’t It Be Nice” dei Beach Boys o qualsiasi altra cosa alla fine evoca tutto il resto che fa parte delle registrazioni originali, mentre Wilson ha spogliato- versioni basse e a volte anche fragili che servono come guide scheletriche e suggerimenti psicologici per le nostre menti per ascoltare tutte quelle altre parti.

Il fatto è che l’ostacolo potrebbe essere che molti ascoltatori e critici si aspetterebbero che l’ex Beach Boy reinterpreti, aggiunga o sottragga elementi dalle canzoni qui. Tuttavia, Wilson adotta l’approccio del ‘gioco’, per uno scopo apparentemente abbastanza chiaro. In realtà mostra l’effettiva struttura compositiva, la complessità del suo songwriting e le strutture melodiche che sono servite da spina dorsale per quelle incredibili armonie vocali.

E in effetti funziona più o meno perfettamente. Dalla malinconica “In My Room”, uno dei suoi primi capolavori, all’incredibile struttura di “Good Vibrations”, mostrando perché quest’ultima è una delle migliori canzoni pop/rock in circolazione.

Wilson suona sicuramente bene, con destrezza e gentilezza, e questo conferisce un sapore alla Gershwin a brani come “The Warmth of the Sun” e “Sketches of Smile”, quest’ultimo un pastiche di tre minuti e mezzo che incorpora “Our Prayer”, “Heroes and Villains”, “Wonderful” e davanti al singolo “Surf’s Up” del 1971. Alcune delle interpretazioni di maggior successo sono, non sorprendentemente, canzoni meno familiari come “You Still Believe in Me” e “Till I Die”, che godono di un po’ più di licenza nella consegna di Brian. E il suo gioco sicuro di sé attraverso “Good Vibrations” è un’impressionante vetrina sia di tecnica che di gusto.

“At My Piano” non offre nuove intuizioni sulla sensibilità compositiva o di arrangiamento di Wilson, ma è una testimonianza di quanto meravigliose e robuste siano le sue melodie a tutti questi decenni di distanza. Si tratta invece di un simpatico complemento e autotributo, da parte dell’artista stesso, a un brillante corpus di opere. Un’esperienza musicale piuttosto rivelatrice ed essenziale, anche per i fan occasionali!!!


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