BLUES PILLS- “Holy Moly” cover albumTornano sulle scene gli infuocati Blues Pills. A distanza di quattro anni dall’acclamato “Lady In Gold” (in testa alle classifiche di vendita tedesche, svizzere e austriache) e dopo aver recuperato mente e corpo consumati dalle estenuanti tournée, il quartetto nato in Iowa, ma stabilitosi nella fredda Örebro (Svezia), torna al sound delle origini con il nuovo Lp “Holy Moly”, disco intriso di suoni garage anni 60, psichedelia, soul e soprattutto rhythm and blues.

Realizzato presso il proprio studio di registrazione situato nel bel mezzo delle fredde e desolate campagne svedesi, sul quale la band ha investito gran parte dei guadagni, e mixato dall’eccellente Andrew Scheps, vincitore di tre Grammy per il suo lavoro su “Stadium Arcadium” dei Red Hot Chili Peppers, su “21” di Adele e su “Fly Rasta” di Ziggy Marley, “Holy Moly” ospita anche due membri degli Hives (Nicolaus Arson e Johan Gustafsson) che contribuiscono a irrobustire le già poderose ritmiche.

Il nuovo lavoro costituisce un insieme ibrido di brani che, pur non avventurandosi praticamente mai al di fuori di una mediana comfort zone, cerca di intercettare con personalità gli umori della contemporaneità, in un confronto dialogico con l’inamovibile tradizione. La combinazione di esplosivi riff dal chiaro marchio zeppeliniano e di ritmi hard-rock connessi a momenti più intimi e soulful ha il pregio di far scorrere l’album con spietata fluidità.

In questi undici brani si ascolta un’energia hard-rock e psych-blues, la Larsson è una delle tante discepole della grande Janis Joplin che però si trova a dover affrontare una band dal suono decisamente aggressivo. Così, dopo aver introdotto il discorso con lo strillato r’n’r jopliniano di “Proud Woman” (pezzo sin troppo trascinato ed elementare), il gruppo cambia improvvisamente passo, inanellando una tripletta di potenza dirompente. “Low Road”, la migliore del lotto, è un missile hard rock dal tiro quasi punk, trascinato dall’interpretazione debordante di Elin, dove per la prima volta l’ex bassista Zach Anderson mette in mostra le proprie (discrete) doti chitarristiche: “Dreaming My Life Away” è una selvaggia scarica hard’n’heavy che rotola su tamburi possenti; “California”, infine, inscena come pretesto un soul elettrico old style per permettere alla Larsson di sfoderare tutta l’ampiezza e la profondità del proprio range vocale. A tale gagliardo impeto si affiancano anche momenti più soft, come il profondo soul (“Dust”) o l’intimo rock in stile Alabama Shakes e Brittany Howard (“Wish I’d Known”) che evidenzia ancora una volta la potenza della voce della cantante, ancor più densa e accorata nell’acustica ballata “Longest Lasting Friend”.

“Holy Moly” è un album del 2020 ma riservato principalmente agli amanti del blues psichedelico infuso di caldo rock‘n’roll, adatto per coloro che ancora non sono riusciti a staccarsi dalle sonorità tardo sixties/inizio seventies. Per molti il risultato sarà soddisfacente, per me un disco di transizione!!!


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