Dopo un esordio evocativo e crepuscolare, Azniv Korkejian (in arte Bedouine per omaggiare le origini siriane) era attesa al varco dalla critica. Molti credevano che la nostra non avesse particolari meriti nella riuscita del disco omonimo, ma che gli onori fossero da tributare al produttore Gus Seyffert e al musicista Matthew E White. Entrambi, fin da subito, scorgono il talento della ragazza e cercano di aiutarla in tutti i modi. Il primo diventa il produttore, il secondo la fa firmare per la propria etichetta, la Spacebomb, mettendole a disposizione tutti i musicisti che gravitano attorno alla label e che sono i responsabili strumentali dei dischi gravitanti intorno all’etichetta.
Registrato nei Capitol Studios, il secondo album di Bedouine conferma i piacevoli richiami ad Anne Briggs, Joni Mitchell e Judee Sill, mettendo allo stesso tempo in luce una qualità della scrittura e degli arrangiamenti che supera le attese. Dietro la decisione di registrare tutto in analogico non c’è una scelta puramente estetica, ma la precisa volontà dell’artista di preservare un equilibrio sonoro schietto e limpido, lasciando che le canzoni appaiano spoglie ed essenziali, nonostante i pur lussuosi e impeccabili arrangiamenti. Le canzoni sono intime, morbide e avvolgenti, ma musicalmente sono complesse, non c’è solo la chitarra acustica che accompagna la voce, pure un uso insistito degli archi, una chitarra elettrica che si prende le sue parti in modo calibrato e deciso, una ritmica che sa farsi silente quando serve oppure punteggiare con sapienza se il brano lo richiede. Le melodie sono da sogno, le atmosfere speziate di malinconia in chiaroscuro, è proprio brava Bedouine.
Come detto ha la capacità di riportare a galla un cantautorato alla Joni Mitchell attraverso splendide ballate (“Under the night”), gemme pop come “Sunshine sometimes” e “Echo park”. Prendete in considerazione un pezzo come “When you’re gone”, ritorna in primo piano un umore folk-jazz grazie alla batteria spazzolata, al piano elettrico, all’ingresso della sei corde elettrica, mentre “Dizzy” ci riporta ad un profumo funky psichedelico grazie alla ritmica pulsante e a un pieno strumentale lisergico.
Un lavoro che sa come catturare la nostra attenzione e ci consegna un’autrice che si pone ai più alti livelli nel mondo sonoro al femminile!!!


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