BADLY DRAWN BOY- “Banana Skin Shoes”Disponibile dal 22 maggio 2020 via One Last Fruit/AWAL Recordings, “Banana Skin Shoes” è il nono album in studio di Damon Gough (aka Badly Drawn Boy), a distanza di dieci anni dal precedente “It’s What I’m Thinking Pt.1 – Photographing Snowflakes” (se non si considera la colonna sonora di “Being Flynn” risalente al 2012). Con la produzione di Gethin Pearson (Kyle Okereke) e Youth (Paul McCartney), il disco è stato registrato tra Manchester e Londra, completato agli Eve Studios di Stockport «Sempre con il cuore nel taschino, il nono album di Gough è una personale e commovente collezione di canzoni – comunica la nota stampa – un’enorme dichiarazione d’intenti e il più glorioso, colorato, caldo, onesto album pop dell’anno».

Fin da bambino Damon fu folgorato dalla musica dei Police e di Bruce Springsteen, tanto da decidere che da grande avrebbe fatto il musicista. Assume lo pseudonimo di Badly Drawn Boy e fonda con l’amico Andy Votel l’etichetta personale Twisted Nerve su cui pubblica i suoi album e le colonne sonore scritte per il cinema e la televisione. Gli esordi mettono in mostra un eclettismo e una creatività che si muove tra pop, folk ed elettronica lo-fi che lo avvicina a Beck. Il suo debutto sulla lunga distanza avviene nel 2000 con il disco “The hour of the bewilderbeast”, un mosaico di brani in perfetto equilibrio che ha del miracoloso, dalle ballate alla Burt Bacharach alla disco, dall’indie-rock al country, il pop sofisticato ed intimista alla Elliott Smith fino al folk alla Nick Drake, senza dimenticarsi della psichedelia, il lo-fi e tanto altro ancora. La sua carriera nel bene e nel male è già segnata, ogni uscita successiva ne soffrirà il confronto, a parte la colonna sonora di “About a boy”, in cui l’autore continua ad affinare le proprie capacità compositive ed espressive. Proprio in quel periodo assistetti ad un suo concerto, lui sul palco con il solito cappello di lana infilato fino agli occhi, poco lucido, tanto da partire con un pezzo per parecchie volte senza mai riuscire a centrare l’ingresso vocale. Dagli spalti uno spettatore si spazientì e glielo rimarcò, Damon partì con una serie di ‘Fuck off’ e poi sparì dietro le quinte. Ritornò in scena dopo parecchi minuti e portò a termine lo show in modo lucido e concentrato. Da quel momento seguii la carriera a fasi alterne, ma senza più provare le sensazioni che i due dischi sopracitati mi avevano offerto.

Sinceramente credevo che non avremmo mai più avuto la possibilità di riascoltare il nostro, pensavo avesse posto fine alla sua carriera di musicista, dieci anni di distanza tra un album e l’altro sono tanti da pensare che fosse ancora in attività. “Banana Skin Shoes” presenta quattordici brani e vede Gough mettere in luce, ancora una volta, sia musicalmente che nei testi, alcuni dei suoi marchi di fabbrica classici. È un lavoro personale e sentito che ce lo riconsegna come lo avevamo congedato dieci anni fa, cioè capace di far tesoro delle esperienze passate e in cerca dell’ispirazione delle prime uscite, con arrangiamenti raffinati, ma attento ad un equilibrio di fondo che sembrava sacrificato sull’altare dell’ambizione.

Diamogli un’altra chance, non c’è nulla di male nel concedergliela!!!


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