RICHARD YOUNGS & RAUL REFREE- “All Hands Around The Moment”In poche settimane il nome di Raul Refree compare come co-titolare di un disco in un paio di occasioni . Nel primo caso si trattava dell’uscita del lavoro in compagnia di Lee Ranaldo, ora è il turno di Richard Youngs. Raul, pur avendo trascorsi datati come musicista, storia che nasce intorno alla metà degli anni novanta nell’hardcore punk catalano, è arrivato ad una certa notorietà solo da alcuni mesi. Youngs, di contro, lo seguo da tanti anni pur non avendo tutta la sua discografia presente nella mia collezione. È un musicista britannico, risiede ora a Glasgow, ha lavorato sia in solo che collaborato con altri. Suona diversi strumenti, anche se la chitarra è il suo principale mezzo di espressione, ma non disdegna l’uso di shakuhachi, accordion, theremin, dulcimer, un synth fatto in casa.
Per il loro primo incontro, Richard Youngs (Glasgow) e Raul Refree (Barcellona) hanno creato una suite di maestose canzoni circolari che riescono a collegare “Happy Sad” di Tim Buckley a Federico Garcìa Lorca alla liturgia del canto a cappella. Questa collaborazione è composta da solo quattro canzoni per una soluzione acustica e quieta. Basicalmente siamo dalle parti del folk con l’utilizzo di un linguaggio jazz per piccolo combo, infatti si avverte la presenza di piano, chitarra e poco altro (entrambi sanno suonare tutto).
I temi delle liriche, è il solo Richard a cantare, riguardano l’esistenza, muovendosi tra la disgrazia che incombe sul cosmo e la dottrina della sopravvivenza. Quest’opera vede il britannico in uno spazio appassionato ed emotivo che raramente ha abitato dopo “Sapphie”.
I quattro pezzi che costruiscono l’intero “All Hands Around The Moment” sfruttano la trascendenza nella ripetizione e presentano splendidi bozzetti di minimalismo prog nel più ampio spettro possibile. “Time is an avalanche” si scioglie in forme jazzate che ci riportano il Tim Buckley più ispirato, quadretti bucolici contrassegnati da un contrabbasso con archetto fanno di “Nil by mind” una stanza in cui purificarsi in un’atmosfera drammatica.
“Another language” ha il gusto del folk ancestrale, una melodia punteggiata dal piano che centellina le note e da un coro delicato sullo sfondo fino al momento in cui prende corpo grazie ad un’inaspettata batteria. Romanticismo classico ammanta “Follow my sleep” e ci strazia anima e cuore per quanto sa trasportare all’ascolto.
Nel suo collocarsi fuori dal tempo e dallo spazio questo album sa avvincerci da cima a fondo!!!


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