ZOLA JESUS – ‘Arkhon’ cover album“Arkhon” è l’album di Zola Jesus, al secolo Nika Roza Danilova, uscito il 20 maggio via Sacred Bones, a cinque anni dal precedente “Okovi”. Prodotto da Randall Dunn (già dietro al mixer per Sunn O))) e Jóhann Jóhannsson), il disco vede la collaborazione del batterista e percussionista Matt Chamberlain (Fiona Apple, Bob Dylan e David Bowie).

Il titolo significa ‘potere’ o ‘sovrano’ in greco antico, ma ha anche una valenza specifica all’interno dello gnosticismo in cui gli arkons corrispondono all’idea di potere esercitato da una divinità imperfetta, discesa all’umano e privata della sua piena potenza. Figure che contaminano e offuscano l’umanità, mantenendola corrotta invece di lasciarle trovare un io armonioso. Non è difficile cogliere i riferimenti alla scena politica attuale: nelle parole dell’artista è l’uomo stesso a vivere un «momento di arkhons»: «Anche solo parlarne rappresenta un atto di ribellione».

C’è un modo in cui una voce può tagliare la fascia della realtà, fendere l’abitudine nel nervo crudo dell’esperienza. Nika Roza Danilova brandisce una voce che lo fa. Quando la ascolti, è come essere chiamati in un luogo che è già avvolto dentro di te, ma oscurato dall’esperienza cosciente. Questo luogo è stato sepolto perché tende a trattenere il dolore, ma è anche un dono, perché una volta aperto, una volta dentro di esso, può mostrarti la verità. Il nuovo album di Zola Jesus, “Arkhon”, trova nuovi modi per perdere questo dolore sommerso e bloccato.

Negli album precedenti, Danilova aveva in gran parte interpretato il ruolo di autrice, elaborando meticolosamente ogni aspetto del suono e dell’aspetto di Zola Jesus. Questa volta, si è resa conto che il suo abituale bisogno di controllo la stava isolando dalla propria arte.

Il nuovo disco vede la prima collaborazione di Zola con il produttore Randall Dunn, (la colonna sonora di “Earth”, “Mandy”, la colonna sonora di “Candyman”) e con il batterista e percussionista Matt Chamberlain, il cui lavoro precedente è stato molto importante come specificato sopra.

“Arkhon” spazia da canzoni il cui peso risiede nella loro nuda semplicità, come “Desire”, una composizione per pianoforte elegiaca sulla fine di una relazione registrata acusticamente in un’unica ripresa, a brani imponenti orientati al groove come “The Fall” e le percussioni serrate e intrecciate e i campioni di un coro popolare sloveno in “Lost”, che alimentano narrazioni di disperazione collettiva e di reciproco conforto in natura. Attraverso queste svolte, il lavoro si rivela un album la cui forza deriva dall’abbandono. Sia i suoi tumulti che i suoi piaceri mettono radici nel corpo, lasciando che la coscienza individuale si dissolva nel cuore del ritmo.

Nonostante l’oscurità avvolta nella realtà, c’è anche potere nell’arrendersi a ciò che non può essere bloccato, al dispiegarsi selvaggio del mondo in tutto il suo movimento imprevedibile. Quel lasciarsi andare è il punto cruciale di “Arkhon”, che segna un nuovo modo di muoversi e di raggiungere Zola Jesus!!!


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