La voce di Yanna Momina contiene il potere di mettere a tacere chi è nella stanza. È al proprio apice qui nel devastante titolo “My Family Won’t Let Me Marry the Man I Love (I Am Forced to Wed My Uncle)”. Momina canta completamente senza accompagnamento, lo sconforto diffuso nella propria voce. Mi ricorda lo stile vocale urlante del pansori, una forma di dramma musicale tradizionale coreano. Il successo del cantante, si dice, dipende dall’innata comprensione dell’han da parte dello stesso, vagamente definito dal trauma intergenerazionale specifico della Corea. C’è una pesantezza simile nella voce di Yanna mentre emette due grida ululanti ed echeggianti. È un promemoria della travagliata storia di violenza contro le donne di Gibuti, dove occasionalmente possono verificarsi matrimoni forzati nelle zone rurali.
Nata nel 1948, la nostra è un membro del popolo Afar, il secondo gruppo etnico più grande di Gibuti. Diffusi in tutto il Corno d’Africa, gran parte della loro musica rimane non documentata.
Per la serie “Hidden Musics” di Glitterbeat, il produttore Ian Brennan si è recato a Gibuti nel 2018 per registrare “Afar Ways” in una capanna ondeggiante su palafitte. La cosa più impressionante dell’album è la capacità della cantante di provocare risposte emotive così trasparenti con uno stile personale senza compromessi.
Insolitamente per le donne Afar, Yanna compone le proprie canzoni. Di conseguenza, il disco segna il confine tra la registrazione voyeuristica sul campo e una raccolta intimamente personale. Nella title track, Momina freme, recitando e ripetendo versi come un profeta sopraffatto dal potere sacro. Le rispondono i suoi discepoli, amici riuniti nella capanna. Le sue melodie sono melismatiche e simili a nastri (forse a causa di influenze arabe nel Corno d’Africa), e il suo fraseggio unico si avvicina all’atonalità, poiché spesso rifiuta di riposare su note definite.
Questo delicato equilibrio tra l’individuo e la comunità continua in “The Donkey Doesn’t Listen”. Sembra un racconto popolare secolare che Yanna sta tramandando – ridacchia persino mentre canta. C’è una spiccata giocosità in “The Donkey”, con i suoi leggeri battiti di mani e il basso mormorato, quasi beatbox. “Afar Ways” è progettato in modo eccellente per mettere in mostra la voce contro lo scarso supporto strumentale: solo i braccialetti di Momina, una scatola di fiammiferi e una zucca.
Con una strumentazione così minima, l’anziana cantante offre un corpo di lavoro decifrabile solo attraverso il sentimento. Questo rilascio ci ricorda che l’empatia è una cosa difficile da invocare, soprattutto in un’epoca in cui le forme di autenticità personale ottenute attraverso lo sfruttamento economico dei consumatori sono una pratica standard. Ma l’empatia è essenziale per comprendere la sua musica.
Insieme alla magistrale ingegneria di Brennan, “Afar Ways” si rivela un altro centro pieno per Glitterbeat!!!
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