La linea di basso a due note pulsa in modo ipnotico, i colpi del rullante sono nitidi, le corde luminose si dispiegano meravigliosamente come fiori che sbocciano e le voci di supporto fluttuano e ondeggiano. Fornisce uno scorcio immediato della musicalità che possiede Miles Romans-Hopcraft (l’uomo dietro il moniker). Borbotta e brontola sulla verità e sulla lotta, sul fatto che il ‘viaggio è lontano’ e sul ‘prendere il trono’. È incredibilmente intrigante. E per quanto inquietante possa sembrare “Take Stage”, è senza dubbio il momento più bello e più calmo di un album che altrimenti è vigorosamente animato da rumore e furia.
Romans-Hopcraft è cresciuto con una dieta di jazz, jungle, drum’n’bass, hip-hop, grunge, punk e quell’appetito onnivoro è in prima linea in quello che è un disco esaltante. “Facts” è prevalentemente una traccia da garage, che svolazza e balbetta, alcune note di synth echeggianti forniscono la melodia scheletrica e inquietante; a un certo punto, però, quelli svaniscono, sostituiti da un bellissimo pianoforte jazz, e verso la fine, il brano rischia di esplodere in una rabbia punk quando si manifestano alcuni secondi di chitarra stridente e percussioni violente. Evaporano velocemente come appaiono.
Miles segue quella minaccia abbastanza presto, sul singolo “South”. Avanza inarrestabile, linea di basso e batteria che rullano, la frase ‘Io abitavo a sud di Londra / Non ne rimane molto’ pronunciata con un palpabile disprezzo prima che i piatti inizino a schiantarsi, le chitarre stridono e il nostro scateni un urlo furioso. Il suono dell’agitazione repressa e del tanto necessario rilascio.
Altrove, le corde lancinanti conferiscono a “Calo Paste” un’atmosfera pungente, mentre Wu-Lu supplica ‘Non voglio che la tua salute mentale vada sprecata’, con la stanchezza di qualcuno che l’ha assistito troppo spesso. “Blame” e “Road Trip” sfrecciano in avanti minacciosi, spinti da un’energia sfrenata e frenetica; “Times”, con il batterista dei Black Midi – e buon amico del nostro – Morgan Simpson, è una jam frastagliata di jazzy-metal; e sopra l’ombroso groove breakbeat di “Broken Homes” dice di averli ‘visti per tutta la vita’, l’ennesima ammissione che mette in prospettiva il carattere irritato di Miles.
Sulla carta tutto questo non dovrebbe funzionare così brillantemente come fa. E mentre ci sono tutti i tipi di sentimenti che si fanno strada attraverso il materiale – rabbia, frustrazione, esasperazione, irritazione – la sensazione prevalente in “Loggerhead” è quella del punk, attraverso il suo suono da non fare prigionieri e il suo desiderio di riunire gli spiriti affini come una comunità. ‘Penso che sto solo attraversando un’esfoliazione dei miei pensieri e delle mie esperienze’, ha detto l’autore l’anno scorso, a proposito del suo debutto ancora in lavorazione. Non è mai sembrato più urgente, più del tutto unico e più ferocemente individuale!!!
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