Wolf Parade – Dan Boeckner, Spencer Krug e Arlen Thompson – presentano “Thin Mind”, loro quinto album, in uscita su Sub Pop. “Thin Mind” ha narrative sci‐fi, post‐apocalittiche e distopiche sparse un po’ ovunque.
Questi temi sono emersi durante le registrazioni al Risque Disque di Vancouver, che Boeckner ha scherzosamente descritto come l’utopia fallita di un olandese (John Goodmanson), una struttura problematica dall’atmosfera post‐apocalittica: lo studio è collocato in un fienile in pietra costruito a mano da John in mezzo al bosco, realizzato utilizzando solo materiale locale e basato sul ricordo di un edificio che ha amato molto durante la sua infanzia in Olanda.
Il nuovo lavoro vede i membri principali dei Wolf Parade lavorare in trio, come nei precedenti “Apologies to the Queen Mary” e “At Mount Zoomer”, con gli sforzi cantautorali e compositivi equamente divisi tra Dan Boeckner e Spencer Krug. Ha abbandonato il multistrumentista Dante DeCaro e, forse per questo motivo, il suono vede le chitarre attorniate da una miriade di tastiere di ogni genere e modello.
Basicalmente sono una rock band, sia in termini di scrittura che per costruzione delle canzoni, ma non hanno mai disdegnato l’utilizzo di batterie elettroniche con cui dare una pitturata eighties alle sonorità. In quest’occasione ne fanno sfoggio nuovamente.
Il titolo dell’album fa riferimento all’assottigliarsi del cervello a causa dell’abuso di tecnologia e risulta piacevole, dotato di buona penna melodica. È presente una certa magniloquenza tipica delle band canadesi (basta ricordarne due cioè Arcade Fire e Broken Social Scene). Ci sono brani che si immergono in un mare di Synth quali “The Static Age” oppure “As Kind as You Can”, altri mettono in mostra un groove marcato come “Julia Take Your Man Home”.
Eccellente la chitarristica “Under Glass”. In linea di massima si può essere soddisfatti del risultato finale anche se i richiami agli anni ottanta potrebbero far arricciare il naso a qualcuno (“Against the Day”), ma non si può non restare estasiati da pezzi incisivi come “Wandering Son” in cui la chitarra si pone in primo piano mettendo le tastiere ad assumere un ruolo defilato e il risultato è una composizione di estrema classicità, oppure “Town Square” brano rock che mette in mostra un crescendo dall’umore psichedelico e chiede in bellezza la raccolta.
Non diverranno mai un gruppo da prime pagine, ma sapranno sempre emozionare gli appassionati dell’indie-rock, se ancora ne esistono!!!


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