WOLF ALICE: “Blue weekend” cover album“Blue Weekend”, il terzo disco degli inglesi Wolf Alice, è senza dubbio uno dei dischi rock più attesi di quest’anno, un traguardo meritatissimo dopo l’enorme successo del precedente, “Visions Of A Life”, che vinse il Mercury Prize nel 2018 e venne nominato ai GRAMMY come Best Rock.

Duecento date più tardi, “Blue Weekend” funziona da conferma e da rinascita. La conferma di un gruppo dalla scrittura affilata, densa ma brillantemente pop, guidata dalla voce incredibile di Ellie Rowsell. E la rinascita di una band che è diventata adulta sotto i nostri occhi, abbassando leggermente (leggermente!) il volume e spostando il peso sulla componente emotiva. L’album è stato prodotto da Markus Dravs (Arcade Fire, Björk, Brian Eno, Florence + The Machine).

È facile inondare di superlativi una band per cui l’attesa per ogni nuovo disco è così alta. Quando il debutto di Wolf Alice nel 2015, “My Love is Cool”, è arrivato, la sua ampiezza impressionante e l’energia frizzante ed eccitabile hanno suscitato tutti i tipi di borbottii del ‘miglior nuovo gruppo’; quando “Visions of a Life” del 2017 ha vinto il Mercury Prize, l’industria gli ha dato un definitivo coronamento. Il nuovo lavoro non è solo il miglior disco di Wolf Alice, è un album che durerà a lungo – un libro di storia che conferma il documento di una formazione all’apice delle proprie forze.

Se il grandioso slancio introduttivo di “The Beach”, con la sua linea di apertura che cita Macbeth, dà il tono, allora è “Delicious Things” che alza il livello di parecchie tacche. Una storia sfacciata sul ritrovarsi molto, molto lontano da casa, le sue linee di basso scompigliate e gli schemi vocali oscillanti – rime a metà dette che ondeggiano tra nervosismo e meraviglia a occhi spalancati – non hanno un punto di riferimento moderno distinguibile; se è storicamente facile per un quartetto di chitarra/basso/batteria cadere in corsie ovvie, attraverso il disco i Wolf Alice creano, con aria di sfida, il proprio stile. Questo è un songwriting intelligente che non prende mai la strada ovvia, scegliendo invece con sicurezza tra un’acustica lussureggiante e colta con le dita (“Safe From Heartbreak (if you never fall in love)”), thrash impertinente e brillante (“Play The Greatest Hits”) e un dramma sensuale e spazioso (“Feeling Myself”) nello spazio degli stessi dieci minuti.

È questo senso di emozione sicura e ad alto rischio che risuona dappertutto. Che si tratti dello splendido pianoforte a lenta costruzione di “The Last Man on Earth” e della pelle d’oca corale, o di “Smile” – il tipo di sfogo frustrato (‘Sono quello che sono e sono bravo a farlo/ E tu non come me beh, non è fottutamente rilevante’. “Blue Weekend” è un album che si crogiola nei suoi sentimenti. Le dinamiche cambiano costantemente, passando spesso dalla tenera scarsità alla lussuosa opulenza sonora nella stessa canzone, ma tutto sembra il picco assoluto di ciò che potrebbe essere; gli alti salgono più in alto, i riff sono più nodosi e avvicinandoti a “The Beach II” ti ritrovi con un disco che è stato scelto in modo udibile per non sottrarsi a nessun secondo di potenziale.

Spaziano dal Brit-pop al Trip-hop e allo shoegaze, insaporendo il tutto con spruzzate soul ed una vocazione onirica grazie alla capacità vocale di Ellie Rowsell, anche chitarrista e compositrice. Promossi a pieni voti!!!


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