L’uscita è prevista per il 24 di gennaio, ma sono riuscito ad ascoltare il nuovo album dei Wire, “Mind hive”, che esce a tre anni di distanza da “Silver/Head” che cadeva nel quarantennale di “Pink flag”.
Gli Wire di Colin Newman sono la post-punk band inglese per eccellenza, anzi sono una della più consistenti band britanniche di tutti i tempi, capaci sin dal loro esordio di mantenere una reputazione di alto livello grazie all’immortale ed influente proposta musicale che ha definito i confini attuali della scena punk e wave.
Incredibili capacità di composizione musicale hanno permesso al gruppo di scrivere canzoni ben bilanciate tra sperimentazione, innovazione e accessibilità pop. Se il disco precedente ha riportato i nostri nelle chart inglesi ed internazionali e rivitalizzato la critica nei loro confronti il nuovo va oltre.
Se ”Silver/Lead” ha alzato l’asticella verso l’alto il nuovo “Mind Hive” ha tutte le carte in regola per superarlo e funzionare altrettanto bene. La raccolta si apre con il botto, con una doppietta da instant classic album. “Be Like Them” è un anthem post-punk costruito su un testo scritto dalla band stessa nel 1977, invece il primo singolo “Cactused” è uno dei più riusciti esperimenti pop della carriera degli Wire.
Le altre sette tracce evolvono il DNA dei nostri alfieri regalandoci un nuovo classico della band di Colin Newman, Graham Lewis e Robert Gotobed Grey, oltre all’apporto dell’ormai stabile Matthew Simms (presente nella formazione degli Wire che dal 2010 ad oggi ha pubblicato 6 pregevoli album).
La band ha avuto una carriera ultraquarantennale e ha attraversato con abilità il post-punk, di cui è stata ideatrice e sabotatrice, la reincarnazione alternative-indie negli anni ottanta (secondà metà) per poi avere una ulteriore vita nel nuovo secolo in cui ha abbandonato una figura chiave quale Bruce Gilbert con il suo chitarrismo alieno e sperimentale, ma ha visto la nuova formazione raggiungere i dieci anni di esistenza.
“Mind Hive” arriva in un momento in cui gli Wire sono spesso citati come influenza da parte di una nuova generazione di artisti. In questa fatica la durata si fa ancora più compressa, quasi a ricordarci il periodo in cui sono nati, e, ascoltandolo in profondità, si comprende il rispetto che viene provato nei loro confronti.
“Be Like Them” è una composizione superangolare, le chitarre di Colin Newman e Matthew Simms si uniscono costantemente e divergono, mentre la sezione ritmica assicura che la canzone si aggiri come una minaccia inarrestabile. ”Off The Beach” è una canzone pop privilegiata. Con la sua melodia ventilata e ottimista e la miscela di chitarre elettriche ed acustiche il brano vede inizialmente il gruppo che celebra le gioie della vita quotidiana. “Shadows” tira il classico trucco Wire di mettere una lirica oscura e crudele in un ambiente musicale di tenera bellezza. Il racconto delle atrocità non è mai stato così seducente.
“Oklahoma” è il jolly muscoloso e drammatico nella scaletta. Il canto oscuro di Lewis nuota attraverso un ricco composto di texture di chitarra e toni di synth, trasformandosi in un pezzo di tensione e rilascio. “Hung” è il fulcro dell’album. Questa escursione di 8 minuti abbina una breve ma suggestiva lirica con una fitta e mesmerica partitura per chitarra. Le tastiere di Simms e Newman aggiungono una nota lamentosa, mentre la canzone si muove attraverso una serie di sezioni, ognuna con la propria atmosfera distinta.
Si chiude con “Humming” che da un tocco consolatorio e che lascia intravedere l’uscita dalla densità sonora in cui eravamo precipitati.
Non resta che applaudire il quartetto ancora capace di produrre lavori così eccitanti ed essenziali allo stesso tempo!!!


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