Washed Out è il progetto del produttore, cantautore e polistrumentista di Atlanta Ernest Greene. Dopo 3 magnetici e acclamati album e un EP, la sua musica ha dimostrato una grande forza trasportatrice e visiva, che, ascolto dopo ascolto, ha condotto gli ascoltati in universi coinvolgenti e indipendenti.
Con “Purple Noon”, il suo quarto album, e il suo ritorno a Sub Pop, Greene ha dato forma al più diretto e immediato lavoro come Washed Out. Per questa raccolta, Greene ha ancora una volta scritto, registrato e prodotto l’intero album, collaborando al missaggio con Ben H. Allen (“Paracosm”, “Within and Without”).
La produzione del disco è arrivata dopo una breve parentesi nella quale Ernest ha scritto per altri artisti, il che gli ha permesso di esplorare generi come R&B e modern pop. Questi sound più luminosi e solidi, si sono fatti strada nei brani di “Purple Noon” e segnano un nuovo capitolo per il nostro come produttore e compositore. Il cantato è frontale e centrale, i tempi sono più lenti, i beat più massicci e audaci, e c’è una maggior profondità nelle dinamiche.
Il titolo dell’album prende ispirazione dal film diretto da Rene Clement nel 1960 “Delitto in pieno sole”, basato sul romanzo di Patricia Highsmith “Il talento di Mr. Ripley” (del film è noto anche l’adattamento del 1999 di Anthony Minghella con Matt Damon nel ruolo di Tom Ripley, Gwyneth Paltrow e Jude Law).
La nuova prova di Washed Out sembra riprendere le traiettorie tracciate a inizio decennio con “Within And Without” (2011), quel romantico e soffuso esordio su lunga durata che non ha mai smesso di fare da colonna sonora alle nostre estati. Atmosfere rarefatte, armonie che si confondono con le voci, dilatate; voci che sfumano quasi a dissolversi nella brezza marina. Come un vento caldo che si leva dalla linea dell’orizzonte, il canto di Greene echeggia attraverso un’indefinibile e dolce candore, tastiere leggere, battiti morbidissimi, di rado una chitarra solitaria al vento (“Game Of Chance”). Il lead-single “Time To Move Away”, soft-disco forte di un memorabile giro di synth, potrebbe già essere la sua “hit” più riuscita dai tempi di “Amor Fati”, ma non sicuramente dell’insuperabile “Feel It All Around”. L’altro singolo è “Too Fade”, che unisce a suo modo la sensualità di Sade a un ritornello che pare rubato a un qualche successo house ormai dimenticato. Le canzoni più belle, però, sono “Reckless Desires” e “Leave You Behind”, che condensano tutte le caratteristiche di cui sopra in un centrato e dinamico equilibrio tra istinto pop e pura evanescenza. Quando le situazioni non funzionano si entra in momenti anonimi e anche leggermente imbarazzanti, soprattutto sul finale, con pezzi poco ispirati come “Hide” e “Haunt”.
Un lavoro destinato alla stagione estiva, dotato di atmosfera unica, ma con alcune canzoni che si dimenticano immediatamente anche se le altre possono piacere molto!!!
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