Mentre tutti erano bloccati al loro vecchio posto a causa del Covid, Ruban Nielson ha deciso di trasferirsi da Portland a Palm Springs. Qualcosa lì gli ricordava la sua infanzia, trascorsa tra la Nuova Zelanda e le Hawaii, seguendo i suoi genitori mentre lavoravano come artisti in hotel e resort. Prima del blocco globale, ha portato suo fratello e compagno di band, Kody, in California, e la coppia ha iniziato a registrare, immersa in quell’ambiente familiare.
I due hanno ricordato la musica che suonavano quando erano bambini, e lo yacht rock, il West Coast AOR, il pop degli anni ’80 e l’easy listening si sono uniti per plasmare una forma morbida attorno alla quale smussare gli spigoli vivi del suono precedente di Unknown Mortal Orchestra, adattando i picchi psichedelici, hard-rock e disco in una nuova tavolozza rilassante.
Dovendo tornare alle Hawaii per questioni familiari, i Nielson si riallacciarono alla musica tradizionale hapa-haole, lasciando che tutto il loro passato e la loro storia diventassero il trait d’union per il disco che stavano creando. Il risultato è “V”, il quinto LP degli UMO e il loro primo doppio album. È senza dubbio il loro migliore finora.
Giocando con brani strumentali e testi che riflettono sulla mortalità e l’umanità, le 14 tracce presentano un suono maturo ed equilibrato. La caratteristica voce filtrata di Ruban scivola su un mare di chitarra e sintetizzatori senza una piega, sempre in pieno controllo.
D’altronde la cifra stilistica del nostro è sempre stata la commistione di generi, ma qui va oltre riempiendo i testi di un umore malinconico di estrema vulnerabilità. Per me, la Unknown Mortal Orchestra ha sempre avuto questo suono classico e vibrante, perfetto per la colonna sonora della vita di chiunque, che si tratti di una rottura di relazione, di una storia d’amore estiva, di un lungo viaggio lungo la 405 o qualunque sia il caso. L’album si apre con un rock intitolato “The Garden” che fa ballare la band al rock con influenze anni ’70 decorato con sintetizzatori luccicanti. Intorno al quarto minuto, il pezzo presenta un assolo di chitarra di Nielson.
Gli anni di esperienza li hanno portati a imparare a creare musica per certe vibrazioni. “Guilty Pleasures” è uno di questi brani. È una grande traccia estiva impreziosita da una bellissima sezione di fiati con grande lirismo: ‘ora so che i giorni stanno diventando più caldi, i piaceri colpevoli sono proprio dietro l’angolo, ora so che le notti stanno diventando più fredde, i piaceri colpevoli ci tengono insieme…’.
Gli UMO sono altrettanto abili nello scrivere musica strettamente strumentale così come scrivono sia i testi che la musica. La canzone, “The Widow”, è un fantastico esempio dell’abilità musicale dei nostri. La traccia presenta alcune delle melodie più belle che abbia mai sentito, e la sezione degli ottoni aggiunge un’eccellente dinamica alla composizione. Si apre in modo drammatico, quindi passa rapidamente in una bella e fluida melodia di synth.
Continuano a sfornare rock psichedelici ben scritti nelle due tracce successive, “In The Rear View” e nel secondo singolo, “That Life”. Questo pezzo è così contagioso dall’inizio alla fine; dal suo ritmo vivace alla voce di Ruban, la canzone è solo uno dei momenti più orecchiabili del lavoro.
Sfornano singoli come “Layla”, ” Weekend Run ” e “I Killed Captain Cook”. “Layla”, possiede questa atmosfera bella, solare e reggae simile all’atmosfera delle Hawaii. La conclusione del disco è affidata a “Drag” ed è un taglio fantastico con cui concludere il rilascio.
Un’ora di musica che dà la stessa soddisfazione della lettura di un libro penetrante in una giornata baciata dal sole!!!
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