Nell’estate 2022, i presagi suggeriscono che il Sudafrica, sebbene non sia esattamente la nuova Londra, si prepari bene a diventare un altro crogiolo geoculturale per la riforgiatura del jazz. Tra i segni spicca l’uscita, lanciata a metà giugno, di “In The Spirit Of Ntu” del pianista Nduduzo Makhathini, altamente raccomandato. Anche un’ondata di ristampe di classici jazz da township su etichette indipendenti britanniche e nordamericane suggerisce che c’è qualcosa nell’aria. Ci sono forti legami tra la nuova scena londinese e quella sudafricana. Il sassofonista tenore e clarinettista londinese Shabaka Hutchings ha registrato due album come leader della band, altrimenti sudafricana, Shabaka & the Ancestors, e Makhathini e Hutchings sono stati ospiti l’uno dell’altro nei rispettivi dischi.
Nel 2020, l’etichetta londinese Brownswood ha pubblicato il ‘sampler’ di vari artisti, “Indaba Is”, che presentava band sudafricane emergenti tra cui The Ancestors.
Ora arriva “Group Theory: Black Music” di Tumi Mogorosi, una pubblicazione congiunta delle etichette sudafricane Mushroom Hour e New Soil di Londra. Il batterista e compositore Mogorosi, il cui modo di suonare ad alto impatto ha echi sia di Elvin Jones che di Louis Moholo-Moholo, è un membro di The Ancestors e dei noisenik sudafricani The Wretched, che sono stati anche presenti in “Indaba Is”.
Il nucleo di Tumi comprende un altro membro dei The Ancestors, il sassofonista contralto Mthunzi Mvubu. La coppia è affiancata dal trombettista Tumi Pheko, dal chitarrista Reza Khota e dal contrabbassista Dalisu Ndlazi. Il quintetto, che è arricchito su quattro tracce dal pianista Andile Yenana, ha un suono crudo e grintoso che abbraccia l’eredità jazz di township del Sud Africa e anche quella dello spiritual jazz afroamericano.
Interessante l’uso della voce corale. Un potente coro fornisce paesaggi sonori a grande schermo su tutte e undici le tracce; due di queste includono anche i cantanti solisti Siya Mthembu e Gabi Motuba che offrono, rispettivamente, versioni creative, maschili e femminili, dello spiritual americano “Sometimes I Feel Like A Motherless Child”.
La voce corale di per sé non è estranea al jazz, con “It ‘s Time” (Impulse, 1962) di Max Roach, “Lift Every Voice” (Blue Note, 1970) di Andrew Hill e “Capra Black” di Billy Harper (Strata-East, 1973) sono solo tre esempi distinti. E le voci corali sono affermate da tempo anche nel jazz sudafricano. L’opera jazz “King Kong”, del compositore Todd Matshikiza, ha creato quel collegamento nel 1960.
Per fortuna, Mogorosi è abituato a trovare spazio musicale nei momenti di cacofonia, da quando è diventato famoso come la potenza ritmica dietro il progetto sudafricano Shabaka &The Ancestors. La sua batteria di accompagnamento in “Group Theory” è leggera al tatto e materica, spesso optando per bacchette per creare lavaggi di suono, mentre il sassofonista e il chitarrista forniscono melodie nitide e taglienti.
Nella raccolta, alla fine, ci troviamo rispecchiati nel potere umano e primordiale delle voci raccolte, mentre l’abile supporto strumentale di Tumi rafforza e poi sballotta il nostro viaggio!!!
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