TUBS – ‘Dead Meat’ cover albumIn un certo senso, i Tubs non sono una nuova band. Tutti e quattro i membri del gruppo rock gallese, con sede a Londra, erano in Joanna Gruesome, l’incendiario atto noise-pop che da allora si è frammentato in una rete tentacolare di progetti interconnessi.

Ma chiunque si aspetti una ripresa dell’indie pieno di distorsioni di quella formazione dovrebbe cercare altrove, ad esempio Ex-Vöid, una band che contiene tre Tubs su quattro più la cantante di Joanna Gruesome, Lan McArdle. Tre quarti di quel gruppo sono anche nel punk caoticamente rumoroso di Sniffany & The Nits. Ma come Tubs, stanno seguendo un percorso più stridente e nervoso, che ripercorre i decenni, dalla Gran Bretagna all’Oceania e ritorno.

Formati dal team di cantautori del cantante-chitarrista Owen ‘O’ Williams e del chitarrista George ‘GN’ Nicholls, i nostri suonano come una band indie-pop perduta degli anni ’80 che sarebbe stata un punto fermo della radio del college se fossero mai usciti dal Regno Unito. La formazione cita pietre miliari come la Flying Nun Records, il folk-rock di Canterbury e una manciata di cult indie-pop britannici.

Probabilmente puoi anche sentire tracce di icone americane degli anni ’80 come REM e Bob Mold nelle loro propulsive jam di chitarra. Davvero, quando Williams urla in modo erudito tra linee di sei corde sfrenate e ritmi nervosi, potresti percepire un numero qualsiasi di indie-band iconiche.

Nell’LP di debutto, “Dead Meat”, uscito tramite la grande etichetta di Chicago, Trouble In Mind, quel tintinnio onnivoro diventa una tela per le riflessioni di Owens sulle proprie nevrosi. È un lavoro su come la malattia mentale sia in realtà piuttosto miserabile e alienante – un sentimento espresso attraverso canzoni su piagnucoloni, erotomania e sconcertanti epidemie sulla pelle. Potresti non notare tutte le vibrazioni spiacevoli, però, quando i pezzi sono così orecchiabili.

Incorporano elementi di post-punk, folk tradizionale britannico e jangle chitarristico conditi da ganci pop disinvolti influenzati dai Cleaners From Venus e da band indie contemporanee agli antipodi (Twerps/Goon Sax, ecc.).

“Dead Meat” risplende di ‘strum & thrum’ ad alta fedeltà, miscelando diversi stili di musica indie, ma la propensione del gruppo per il folk tradizionale britannico e il folk-rock di Canterbury compie un notevole passo in avanti, ricco di caffeina. Gli echi dei Fairport Convention, decisamente inglesi, si incrociano con le liriche del cantante, che indirizza il personaggio di Bryan Ferry ‘thinking man’s libertine’ verso una prospettiva più dolorosa!!!


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