Penso che siate a conoscenza dell’importanza e dell’abilità del batterista per antonomasia dell’afrobeat Tony Allen. Nato a Lagos, Nigeria, vive attualmente a Parigi. Musicista autodidatta, iniziò a suonare la batteria a diciotto anni e fu influenzato dalla musica che ascoltava il padre, lo Jùjú (cioè un genere di musica tradizionale derivato dallo yoruba), ma anche il jazz americano e la nascente scena highlife, un genere nato in Ghana che utilizza melodie e strutture ritmiche della musica tradizionale akan ma è suonata con strumenti occidentali. Fu il batterista e direttore artistico dell’Africa 70 di Fela Kuti dal 1968 al 1979, quindi uno dei cofondatori del genere afrobeat. Una volta Fela Kuti sentenziò: ‘Senza Tony non sarebbe mai esistito l’afrobeat’. Brian Eno lo descrisse come ‘Forse il più grande batterista che abbia mai calcato le scene musicali’. Dopo il decennio con Fela, Allen nel 1980 formò un proprio gruppo e registrò ‘No Discrimination’. Successivamente emigrò a Londra nel 1984 e più tardi si stabilì a Parigi ove lavorò con King Sunny Adè e Manu Dibango. In questo periodo Allen sviluppò un suono ibrido fondendo l’afrobeat con l’elettronica, il dub, il rhythm’n’blues e l’hip hop e lo definì afrofunk. È da poco uscito il suo primo album su Blue Note ‘The Source’ che segue a poca distanza l’ep dedicato al grande Art Blakey, sempre su Blue Note. Cosa dobbiamo aspettarci? Un disco hard-bop, visto il suo grande amore per Max Roach e Blakey e tutto il jazz degli Anni Cinquanta. Nonostante sia stato fonte di ispirazione per una miriade di giovani musicisti è lui che tributa i classici presentandoci undici brani che spaziano in mezzo secolo di jazz. ‘Moody Boy’ richiama il Miles Davis cool per poi addentrarsi nel soul e nell’Africa grazie alla circolarità dei fiati. ‘Wolf Eats Wolf’ è una miscela di funk e blues elettrico. ‘Push And Pull’ è New Orleans allo stato puro con la brass band sugli scudi ma suonati con una modernità sconosciuta ai più. Un album che ci rimanda ad un periodo storico ben preciso ma suonato con un piglio ed un’energia sconosciuta a tutti quei musicisti jazz mainstream che popolano l’odierno mercato.

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