Martedì 3 ottobre 2017, arrivo in negozio, compio tutti i miei riti di inizio mattina tra cui accendere il computer e, con un colpo al cuore, apprendo la notizia della morte di Tom Petty. Da quel giorno non sono più riuscito ad ascoltare qualsiasi cosa provenisse dalle sue mani, non ce la facevo proprio, era come se fosse mancato un amico ed è proprio così che ho sempre visto Tom, un compagno di viaggio nel mio percorso musicale.
Solo a distanza di oltre un anno, grazie all’uscita di questo bel cofanetto, mi sono addentrato nelle sue canzoni ed è stato come sentirsi liberato da un fardello.
La mia amicizia con Petty nacque nel lontano 1980, stavo annoiandomi sulla spiaggia in una giornata uggiosa e così mi avvicinai al juke-box per cercare di allietarmi con una canzone. Tra nomi improbabili e improponibili vidi quello del nostro. Devo dire che non lo conoscevo, lo avevo solo sentito nominare e siccome lo accostavano al punk (in quel periodo per me una parolaccia) non lo presi mai in considerazione. Volli ascoltarlo ugualmente, fu l’inizio di un rapporto continuato fino allo scorso anno. Il brano era “Refugee” e ne fui talmente colpito che lo riascoltai per almeno una ventina di volte e divenne una delle mie canzoni preferite di sempre.
Da quel momento non mi persi un album prodotto dal grande Tom. Iniziai, ovviamente, da “Damn the torpedoes” disco che conteneva la traccia di cui sopra. Mi attivai per recuperare i due lavori precedenti, l’omonimo e “You’re gonna get it”, ma per lungo tempo senza fortuna. Quando vi misi le mani sopra capii il motivo per cui era stato accostato al punk: il suo approccio alla materia rock era alquanto tradizionalista, ma il piglio con cui suonava era molto garage ed aggressivo, ma con il punk, inteso come movimento, centra come i cavoli a merenda.
Tom nacque in Florida e il suo avvicinamento alla musica ha pochi, ma precisi riferimenti: Bob Dylan, i Byrds, Chuck Berry e i Rolling Stones. Finisce sotto l’ala protettrice di Danny Cordell e del famoso musicista Leon Russell i quali, una volta ascoltatolo, lo mettono sotto contratto per la loro etichetta Shelter.
La band vede la presenza del chitarrista Mike Campbell, del tastierista Benmont Tench a cui aggiungiamo la sezione ritmica composta da Ron Blair e Stan Lynch.
Canzoni fantastiche sono presenti in ogni disco da “American Girl” ritmica serrata e i Byrds che sembrano vestire un abito new-wave, oppure “Breakdown” un blend di soul e pop, “Hometown blues” un country lontano anni luce dai lustrini nashvilliani, ma che piace a Rosanne Cash che la inciderà qualche anno dopo. Dal secondo lavoro, in genere poco considerato, appaiono tracce di gran livello come “No second thoughts” che propone una parte percussiva che richiama “Gimme shelter”, “Baby’s a rock’n’roller” che trae ispirazione dai gruppi della British Invasion, ma ha sonorità più acide e, naturalmente “I need to know” e “Listen to her heart” che daranno grande successo agli “Spezzacuori”.
La vera svolta arriva solamente con “Damn the torpedoes” con il cambio in sede di produzione ora nelle mani di Jimmy Iovine che riesce a far risplendere autentiche gemme quali “Refugee”, “Even the losers”, “Here comes my girl” ponendo in risalto il ruolo della chitarra e della batteria, ma dando il giusto spazio alle tastiere, piuttosto in secondo piano fino ad allora. Sono canzoni epiche e romantiche ricche di riferimenti e grazie all’amalgama degli Heartbreakers siamo catapultati in un paradiso musicale di cui “Louisiana rain” è l’apice creativo che ci fa volare ancora più in alto.
Il successivo “Hard promises” del 1981 vede una momentanea tiepidezza da parte della critica e degli ascoltatori che non lo premiano come sarebbe doveroso.
Ancora pezzi di eccellente qualità come “The waiting” e “ Letting you go” ancora più byrdsiane di “American girl”, per non parlare di “A woman in love (It’s not me)”. Memorabile il duetto con Stevie Nicks in “Insider” morbida canzone che avrà un seguito nell’esordio solista della cantante ( “Stop draggin’ my heart around”).
Petty è più maturo, la voce ha un approccio più meditato e meno rabbioso, che in alcuni brani riesce a dimostrare quanto Dylan sia stato importante per la sua formazione (“Something big”).
I nostri sono ormai un gruppo di punta negli Stati Uniti, in grado di rivaleggiare in popolarità con la E-Street Band di Springsteen (dal punto di vista musicale non c’è partita). Manca un singolo di successo che li ponga nel gotha del rock. Ciò avviene con il brano “You got lucky” tratto da “Long after dark” che lo lancia definitivamente, ma fa storcere il naso ai fans di vecchia data (come il sottoscritto) che non digeriscono l’uso del synth in un contesto classic rock. La ricerca di novità nel sound, pur non discostandosi troppo dalla strada maestra del rock’n’roll, porta il nostro artista a collaborare con Dave Stewart per il disco del 1985 “Southern Accents” che porta agli onori il pezzo “Don’t come around here no more”, ma è percepito come un ulteriore tradimento da parte degli appassionati. Non viene risaltata abbastanza la collaborazione con Robbie Robertson in “The best of everything” che ha forti legami con le sonorità calde ed avvolgenti della Band grazie agli arrangiamenti che la ornano di fiati e anche per l’apporto offerto da Garth Hudson e Richard Manuel. A distanza di anni, quando il mio approccio alla musica è diventato meno integralista, devo riconoscere che entrambi i dischi sono da considerare tra le cose più riuscite del biondo chitarrista e del suo gruppo.
La seconda metà degli anni ottanta lo vede impegnato in diversi progetti (accompagna Dylan nel neverending tour, partecipa al supergruppo Traveling Wilburys e da alle stampe alcuni nuovi dischi).
Il periodo mette in mostra l’eccellente professionalità di Tom in tutte le iniziative in cui è coinvolto e la notevole creatività che lo accompagna. Scrive molte canzoni che poi vengono usate o per i Wilburys oppure per la carriera in proprio. Escono durante quelle sessions due album, uno a proprio nome “Full Moon Fever”, l’altro con la band “Into the great wide open”. Sono pubblicazioni splendide, soprattutto la prima del 1989, delle quali non si contano i grandi pezzi quali “Free Fallin’” “I want Back Down” e “Running down a dream, da “Learning to fly “ a “Into the great wide open”.
Con l’inizio degli anni novanta la produzione comincia a diradarsi e si assiste ad un musicista che non ricerca più novità sonore, ma che ripropone le proprie radici che sono in grado di dare alla luce momenti esaltanti in gran quantità.
La grandezza di Tom non è solo in campo musicale, ma anche in quello che riguarda prese di posizione importanti nei confronti dell’industria discografica. Ricordiamo la battaglia intrapresa con la casa discografica sul prezzo a cui dover vendere i dischi che riuscì a vincere, nonché la denuncia sulla corruzione che regna nella discografia e nella radiofonia che fu il tema dominante di “The last DJ” del 2002 in cui un artista ancora dentro il sistema portò duri attacchi allo stesso.
Non è stato facile parlarne, ogni tanto mentre scrivevo mi saliva un magone che a stento non si è trasformato in pianto, ma sono riuscito a portare a termine un omaggio al mio “amico” e questo mi rende orgoglioso e soddisfatto.
Purtroppo per voi non è finita, devo ancora raccontarvi del box di recente pubblicazione. Si tratta di un cofanetto composto di 63 canzoni, parecchie delle quali inedite. Il lavoro copre l’intera carriera di Petty ed è stato curato con immenso amore dalla figlia Adria, dalla moglie Dana e dai fidati compagni di una vita Mike Campbell e Benmont Tench.
Appaiono versioni live, alternate takes, qualche traccia in studio già apparsa in precedenza (poche). L’ascolto mette in risalto, ancora una volta, la bravura di Tom come autore e la forza di grande performer.
Non voglio dilungarmi nel descrivere brano su brano il contenuto, quello che mi preme ricordarvi è di dargli una possibilità d’ascolto sia che siate neofiti , sia che lo conosciate da tempo. Il box offre tanto ed è la dimostrazione di quanto il nostro sia stato uno dei rocker più importanti degli ultimi quarant’anni!!!


P.S.: guardate il tributo dello stadio a Tom, per me da brividi!!!


Category
Tags

No responses yet

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *