TIRZAH – 'Colourgrade’ cover albumEra il 2018 quando Tirzah ha dato alla luce il suo eccezionale album di debutto, “Devotion”, un’odissea organica e melodica. Tre anni dopo, è tornata con un disco che non è meno allettante delle sue precedenti offerte, facendo ciò che sa fare meglio sotto forma di composizioni ben costruite e trascendentali.

Come per l’esordio, anche il tema centrale di “Colourgrade” sono le relazioni. Tuttavia, in questo scenario assistiamo al viaggio empirico dell’artista nella maternità in una performance esteriormente pensierosa e cruda che documenta non solo la bellezza del divenire madre, ma le sue cupe appendici. Anche se, a differenza del suo repertorio precedente, “Colourgrade” vive nel regno dell’imprevedibile.

La traccia di apertura e titolo dell’album è una serenata da viaggio acido con i fischi stravaganti dei ragazzini degli anni ’70 che mostrano i Clangers come coristi. Con la ripetizione del mantra ‘Keep your face straight colourgrade’, questo atto di riscaldamento dà il tono al lavoro come emblema catartico di emozione nascosta e letargia.

I pezzi “Tectonic” e “Hive Mind” condividono un senso di familiarità; introdotto con un calcio incisivo, strato di synth strutturato e voci calde a metà. Il collaboratore di lunga data Coby Sey è presente in quest’ultimo, fornendo una seconda voce tanto necessaria al mix. È anche a questo punto che la raccolta inizia a sbiadire in qualcosa di poco brillante.

Come un fulmine a ciel sereno arriva “Recipe”. Il rimbombante sottotitolo e le voci fuori posto si elevano al di sopra di un inaspettato muro di elettricità statica. Forse una delle tracce meno codificate, esiste come esposizione dell’eredità: ciò che lei trasmetterà e non vorrà. È con “Recipe” che il sipario della densità emotiva di “Colourgrade” comincia ad aprirsi. Da qui, Tirzah adotta un’espressione rozza con la ninna nanna priva di sonno di “Sleeping” e il vortice di stato onirico psichedelico di “Crepuscular Rays”, entrambi brani destinati ad essere ascoltati nelle prime ore del mattino.

Il capofila “Send Me” si distingue dal resto della tracklist come il più memorabile con la sua melodia clamorosa e l’imponente linea di basso. Dopo l’incalzante marcia infantile di “Sink In”, possiamo interpretare l’album più come una sottomissione all’emozione, sia essa tenerezza o indifferenza. Chiudendo con un afflusso a sorpresa di baci elettronici su “Hips”, Tirzah finisce sulle note sconcertanti di libertà e intrappolamento intrecciate, scendendo di nuovo nell’incertezza, echeggiate da testi antitetici: ‘Super freddo, caldo da tenere’.

È sicuramente un lavoro servito meglio da cuffie e solitudine, e uno che non ti respingerà tanto quanto ti attrae; “Crepuscular Rays”, sei minuti e mezzo di nebulose, panoramiche strimpellate e sommessi borbottii, è forse un’intimità troppo lontana. Ma al suo meglio imprevedibile ed eclettico, “Colourgrade” crea una connessione silenziosamente meravigliosa che è difficile da scuotere!!!


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