THIS IS THE KIT- “Off Off On” cover albumQuesto è il quinto album della band ed è il seguito di quello del 2017, acclamato dalla critica, “Moonshine Freeze”. Non dimentichiamoci della partecipazione della leader al disco dei The National “I am easy to find” dello scorso anno, di cui la nostra ricorda la bella sensazione di non dover supervisionare il lavoro del gruppo, ma solo preoccuparsi di suonare e di godere di tale sensazione.

Kate Stables ha deciso di lavorare al nuovo LP con il produttore Josh Kaufman, musicista di New York, collaboratore di Hold Steady e membro di Bonny Light Horseman e Muzz. La Stables lo ha incontrato per la prima volta quando lavorava con Anaïs Mitchell su una cover della canzone degli Osibisa “Woyaya”, le loro strade si sono poi incrociate nelle residenze PEOPLE di Berlino e Brooklyn. ‘Eravamo sulla stessa lunghezza d’onda musicale, oltre a fare cose che non avrei mai fatto musicalmente. Era una bella miscela del tipo “sei esattamente nel mio cervello ed esattamente all’estremità opposta del mio cervello”’. In seguito la band, completata da Rozi Plain (basso / voce), Neil Smith (chitarra), Jesse D Vernon ( chitarra, tastiere), Jamie Whitby-Coles (batteria / voce), – riunita per le prove nel freddo in Galles, si è diretta ai Real World Studios del Wiltshire, arrivando appena in tempo prima che tutti tornassero a casa per il lockdown.

L’opera segna un distacco dal folk con cui abbiamo familiarizzato in passato, non tanto nella strumentazione che continua ancora ad affidarsi alla sei corde acustica e al banjo, quanto nella scrittura e negli arrangiamenti che celano una squisita irrequietezza, ma pure una certa spensieratezza dei musicisti. Rimane sempre, come tratto distintivo, la strana voce di Kate.

Ascoltiamo con attenzione la contorta melodia di “No such thing”, che sale in alto per poi mostrarsi allo specchio nel controcanto della Plain, con il testo che gioca con il doppio senso di ‘cross’, sia incrocio, ma anche broncio. Accattivante il cambio di marcia, inaspettato e sorprendente, di “Started again” che diventa una filastrocca nella ripetizione ossessiva del verso ‘rocks and water’. Non si rinuncia all’immediatezza espressiva come in “This is what you did”, il singolo principale, che la nostra spiega così: ‘“È un po’ una canzone da attacco di panico. Le voci negative di altre persone che sono la tua stessa voce. Oppure non lo sono? Difficile da dire quando sei in questo tipo di posto. Come uscire da codesto luogo? Avere bisogno di uscire di più’. C’è un pezzo, “Coming to get you nowhere”, che riporta ad un certo sound tropicalista, ma in modo astratto.

La produzione di Kaufmann ha levigato quella più dura di John Parish del disco precedente, portando una ventata di cosmicità alle composizioni della band, inserendo elementi insoliti quali il sax in “Slider”, che si muove contorcendosi, rendendo più ariose le parti di brani quali “Shinbone soap”.

Annotiamo con piacere il nuovo corso dei nostri, ispirato e sofisticato, in grado di misurare il tentativo di andare oltre il proprio stile. Speriamo che non si plachi, ma che possa continuare anche in futuro.


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