“Help Us Stranger” è il nuovo album dei Raconteurs. La band, composta da Jack White, Brendan Benson, Jack Lawrence e Patrick Keeler, si riunisce per la prima volta a dieci anni dalla pubblicazione di “Consolers of the Lonely” del 2008.
Il nuovo album vede i Raconteurs riprendere la loro spinta per portare il Rock‘n’Roll avanti nel futuro, con riff prodigiosi, potenza blues, psychedelia sinuosa, mescolando il funk di Detroit e il soul di Nashville grazie al songwriting di Benson e White e alla compattezza della band.
White e Benson hanno scritto tutte le canzoni del nuovo lavoro con l’eccezione di una cover, “Hey Gyp (DigThe Slowness)” di Donovan. Registrato ai Third Man Studios di Nashville, TN, l’album è prodotto dai The Raconteurs con l’aiuto di Joshua V. Smith.
L’opera vede la partecipazione anche di amici di vecchia data e collaboratori quali il tastierista/polistrumentista Dean Fertita (The Dead Weather, Queens of the Stone Age) e Lillie Mae Rische con sua sorella Scarlett Rische. Il disco è stato mixato da Vance Powell e dal gruppo stesso al Blackbird Studios di Nashville.
Jack White è un musicista ultra impegnato, sia a livello solista che come produttore, si occupa della propria casa discografica, Third Man Records, ma credo sia coi The Raconteurs che dia il meglio di sé, forse perché accompagnato da una penna di qualità quale Brendan Benson. Nel mercato odierno far trascorrere dieci anni tra un disco e l’altro porta a pensare che il gruppo non esista più e si sia ritirato dalle scene. Induce anche a considerare che la spinta creativa abbia subito un drastico rallentamento, fortunatamente non è questo il caso, anche se i due dischi precedenti mi sembrano meglio riusciti e maggiormente entusiasmanti.
Non c’è la varietà stilistica che li aveva contraddistinti, avverto un certo mestiere, in definitiva credo che la scrittura sia più debole che in passato. Ritengo che possa ben funzionare sul palco, luogo in cui la formazione dà il meglio di sé. Ascoltate “Bored and razed” in cui sono miscelate al meglio potenza sonora e cantabilità pop. Il rock duro e puro non manca (“Don’t bother me”, “Live a lie”, “Sunday driver”) con possenti rifferama hard-rock. Si fanno, però, preferire i pezzi che mostrano una maggiore varietà sonora come nel caso dell’elettroacustica “Help me stranger” dal ritmo incalzante, “Shine the light on me” con il suo piano in bella evidenza e coretti pop, oppure la magnifica “Somedays (I don’t feel like trying)” che richiama i Rolling Stones ed è percorsa da fremiti elettrici. Il meglio ci è riservato alla fine con “Now that you’re gone” grazie alla melodia scritta da Brendan che si amalgama alla perfezione con gli strali chitarristici di White, e pure con “Thoughts and prayers” che richiama i Led Zeppelin acustici e legati al folk con una performance al violino difficilmente dimenticabile.
Il mio suggerimento è di andare a vederli on stage, nel caso passino per il Bel Paese!!!


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