Da quando il rock alternativo si è infiltrato nel mainstream negli anni ’90 con il movimento a tenaglia dell’esplosione del grunge e l’irruzione dei REM nella top 40, ‘College Rock’, che non è mai stato un vero genere in quanto tale, è stato consegnato al cestino della spazzatura della storia. Davvero un peccato, perché anche quando l’alternativa diventa mainstream c’è bisogno di un’altra alternativa; una che non valuta necessariamente la popolarità come misura del successo, una che non scimmiotta il glamour e l’artificio del vecchio mondo pop e rock, o la media, in modo studiato, ‘senza pretese’, nel mezzo della strada del post- grunge rock (o Oasis, nel Regno Unito). Ci sarà sempre un posto per il tipo di musica colta, individualista, eccentrica, con il cuore a guidare, introdotta da artisti come Jonathan Richman e, naturalmente, The dB’s, che, come chiunque altro, ha definito cosa si intendesse per ‘College Rock’ nella prima metà degli anni ’80.
“I Thought You Wanted to Know” è una compilation che ripercorre la storia della band dalla sua formazione fino all’epoca del loro primo album “Stands for Decibels”. Il gruppo, formato a New York nel 1978 dagli espatriati del North Carolina Chris Stamey (chitarra/voce), Peter Holsapple (chitarra/voce), Will Rigby (batteria) e Gene Holder (basso), hanno iniziato quasi subito a registrare insieme e il loro singolo di debutto, “(I Thought You) Wanted to Know”, in realtà accreditato a Chris Stamey & The dB’s, fornisce il modello per il loro suono. Un nuovo remix aggiunge brillantezza a quello che era già un buon inizio. Chitarra pop brillante, vivace, orecchiabile, un po’ come The Raspberries o Big Star, ma con un pizzico di energia post-punk, o come un Half Japanese che sa cantare intonato, sono tre minuti e un quarto di perfezione power pop. La raccolta riunisce 32 tracce, inclusi singoli e loro b-side e prime versioni di brani, alcuni tratti dai loro lavori in studio, in particolare i due dei primi anni ’80, “Stands for Decibels” e “Repercussion” – ma anche altri, inclusa la vivace “We Should Be in Bed” che è apparsa precedentemente solo in compilation come la raccolta di demo e outtakes leggermente più simile del 1993, “Ride the Wild Tom Tom”.
È difficile parlare di punti salienti su un disco dei dB’S; Stamey e Holsapple sono cantautori e interpreti distintivi e complementari e quando tutto funziona, le canzoni della band sono immediate e piene di energia e fascino bizzarro. C’è un’influenza del pop classico degli anni ’60, in particolare le formazioni della ‘British Invasion’, su tracce quali l’effervescente “Everytime Anytime”, ma la personalità del gruppo traspare sempre e la loro influenza, anche se raramente riconosciuta, può essere ascoltata in band così disparate come They Might Be Giants, The Pastels e i Weezer. Il lato più frastagliato e punk dei nostri viene alla ribalta in una versione dal vivo tempestosa del primo disco solista di Peter Holsapple “Death Garage” mentre “What About That Cat” è The dB’s nella loro forma più scintillante e distintiva; come Jonathan Richman, a volte realizzavano canzoni che erano allo stesso tempo teneramente sciocche e genuinamente toccanti. Altre volte, come in “What’s the Matter With Me?” e il classico “She’s Green I’m Blue” i ragazzi suonano stranamente come i Ramones senza le chitarre distorte; come quella band, i primi dischi dei dB’S rappresentano una sorta di spocchioso distillato del rock e del pop dei 20 anni precedenti con tutti i pezzi noiosi tralasciati; solo ganci, chitarre, batteria e melodie orecchiabili.
Ma nonostante le somiglianze, le tracce dal vivo, inclusa un’esplosione attraverso il classico psichedelico dei Chambers Brothers “Time Has Come Today” e “Tomorrow Never Knows” dei Beatles, mostrano anche le differenze. Sebbene la loro musica sia incisiva e concentrata come i Ramones, il suono dei dB’S proviene da un luogo diverso e leggermente meno ortodosso, come evidenziato anche dal loro commento satirico sulla frenesia post-punk della major label, “My Sire Wristwatch”. Per quanto puliti e commerciali possano suonare i loro dischi pop, non sono mai stati un gruppo mainstream, e non avevano intenzione di esserlo.
Sebbene siano andati avanti fino al 1987 e, da allora, si siano riformati, il periodo catturato da “I Thought You Wanted to Know” è probabilmente il loro migliore. I due Lp che hanno realizzato prima della partenza di Chris Stamey sono ugualmente essenziali, così come il primo disco guidato da Holsapple, “Like This” del 1984, ma per ascoltarli nella loro forma più fresca, con energia ed entusiasmo non adulterati, questa è una compilation difficile da battere, così come un punto di partenza perfetto!!!
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