TAMINO – ‘Sahar’ cover albumConcepito nella quiete della sua abitazione e influenzato dalla propria eredità belga-egiziana, il secondo album di Tamino, “Sahar”, è un disco inquietante, ma profondamente accattivante. Nell’arco di quarantaquattro minuti, il nostro condivide un angosciante paesaggio sonoro, con qualcosa di cinematografico, romantico, persino antico, nel suo lavoro. Con una sensibilità e una timidezza simili a quelle di Jeff Buckley, Tamino unisce le tradizioni popolari arabe ed europee per offrire un LP intimo e suggestivo.

Attraverso dieci tracce, costruisce un curioso ritratto di amore e perdita, la foschia del fumo di erba praticamente visibile nell’aria. Con il sussurro di voce e l’uso di morbide chitarre acustiche, c’è una vera sensazione di sedersi accanto al musicista nel suo piccolo appartamento di Anversa dove è stato concepito gran parte del rilascio, brani come “Cinnamon” che ci invitano ad ascoltare come se suonasse per noi e per noi soli. La traccia “The Flame” condivide anche questa delicatezza e intimità, creando una curiosa foschia di calore e luce e assicurando che l’album sia fedele al titolo, “Sahar”, approssimativamente tradotto dall’arabo come ‘poco prima dell’alba’.

Nonostante “You Don’t Own Me” sia uno dei singoli principali della raccolta, forse manca della qualità cinematografica che desidera così chiaramente, la voce non riesce a fondersi perfettamente con la colonna sonora in stile James Bond per produrre qualcosa che è, sebbene commovente, un poco anticlimatico.

Nel frattempo, il brano “Fascination” sembra un po’ sottoscritto, un caso insolito per il talentuoso paroliere, il cui miglior esempio di lirismo poetico arriva con il brano “Sunflower”, dove esprime la profondità della sua devozione per il proprio amante. Una collaborazione con la collega cantautrice belga Angèle, entrambi i musicisti assumono il ruolo di amanti che credono che i loro affetti reciproci non siano ricambiati, quando in realtà condividono lo stesso profondo desiderio e la medesima passione.

Chiude il set con “My Dearest Friend And Enemy” ed è impossibile non fare un paragone con il grande Jeff Buckley. Un paesaggio sonoro ampio e senza tempo insieme a testi di profondo desiderio, c’è un dolore innegabile nella voce del musicista. Un senso di noia, rimpianto e speranza, questa è musica che condivide silenziosamente l’anima stessa di Tamino, lasciando l’ascoltatore a riflettere sulla propria vita, sui propri amori, sui propri dolori, paure e fascini!!!


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