“Choosing” dà un pugno, il cui effetto persiste. Ciò che viene catturato da queste 11 canzoni risulta non filtrato, diretto in modo sconcertante. E ciò che viene imprigionato sembra essere il resoconto di qualcuno che stia facendo i conti con il modo in cui il proprio stile di vita ha avuto impatti negativi.
Gran parte dell’album di debutto della cantautrice londinese Sophie Jamieson parla – apertamente – di come l’alcol fosse un amico diventato nemico. Jamieson ha detto che la scelta doveva essere fatta tra abbandonarlo o arrendersi al suo incantesimo.
Il brano di apertura, “Addition”, è il resoconto di una notte da ubriachi. “Long Play”, la conclusione, racconta anche di una serata all’insegna dell’alcol. In tutto, le metafore coinvolgono l’acqua. I testi esprimono anche l’opinione che sperimentare qualcosa di travolgente può causare l’equivalente di esaurimento o inerzia. L’eccesso si traduce in carenza.
Dal punto di vista musicale, le canzoni dall’arrangiamento sparso di “Choosing” a volte suggeriscono una rifrazione di Uzi, il dramma di Tim Buckley, il taglio gospel di Judee Sill o l’instabilità di Thom Yorke. Improvvise raffiche di chitarra elettrica frammentata e strimpellata si interpongono. Il fraseggio vocale di Sophie prende spesso direzioni sorprendenti: l’orecchio diventa familiare a questi colpi di scena. Nonostante gli improvvisi cambiamenti tonali, la melodia e la struttura non si arrendono mai.
Sebbene intenso, il lavoro non è né noiosamente solipsistico, né superficialmente confessionale o sdolcinato.
Nonostante la sua facilità lirica, è un dato di fatto colloquiale. Inoltre non è doloroso. Il cantautore è a distanza da ciò che viene raccontato. Jamieson ha seguito i suoi due EP del 2020 con un album in cui i temi centrali non prevalgono su ciò che viene ascoltato. Presi insieme, gli arrangiamenti, le melodie, i brani e la voce potrebbero bastare. La forza significa che la scelta fa subito il suo caso. Significa anche che l’impatto iniziale non si dissipa!!!
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