La voce burrosa di Samara Joy si fonde con i ritmi caldi di qualsiasi canzone stia cantando, evocando i grandi del passato e allo stesso tempo forgiando il proprio stile effervescente. Non c’è da stupirsi, quindi, che nel 2019 all’età di 20 anni, abbia vinto la stimata ‘Sarah Vaughan International Jazz Vocal Competition’. Si spera che “Linger Awhile”, il sontuoso set del secondo anno e il debutto su Verve, la introducano ad un pubblico ancora più ampio degli appassionati di jazz. Presenta un mix di brani vecchi e leggermente nuovi, con quest’ultimo il risultato di ‘vocalese’, ovvero l’aggiunta di testi a un’improvvisazione jazz.
Uno dei momenti migliori del set di 10 tracce è “Nostalgia (The Day I Knew)”, in cui trasforma un’improvvisazione del 1947 del trombettista Fats Navarro in una canzone d’amore ispirata all’imminente anniversario di matrimonio dei suoi genitori.
A parte lo stile vocale vellutato, ciò che trasforma il rilascio da una bella uscita ad una meravigliosa è la volontà di Samara di aggiungere qualcosa di nuovo al procedimento, sia che si tratti di inserire testi a vecchie improvvisazioni, ringiovanire classici come “Misty”, “Linger Awhile” e “Someone To Watch Over Me” con la propria voce distintiva, o scavare tesori perduti come “Sweet Pumpkin” e “Can’t Get Out of This Mood” di Ronnell Bright, che ha scoperto in una raccolta di rarità di Sarah Vaughan. L’ultima traccia, per chi non lo sapesse, è stata scritta da Jimmy McHugh e Frank Loesser per la commedia musicale del 1942 a lungo dimenticata, “Seven Days Leavee”, interpretata da Vaughan al suo debutto da solista nel 1950. (In seguito è stato interpretato da Johnny Mathis, Nina Simone e Julie London, tra gli altri.) Quella di Samara è un tonico sonoro per l’anima.
Per tutto il tempo, Joy è circondata da un talentuoso cast di supporto, tra cui il chitarrista Pasquale Grasso, il batterista Kenny Washington, il bassista David Wong e il pianista Ben Paterson. Una delle cose che mi piace di più di questo disco, a parte il grazioso swing jazz, è lo spazio lasciato tra le note. Nell’età odierna, a volte sembra che i brani siano creati per porre brevi intervalli di attenzione: gli assoli sono troncati, i passaggi strumentali accorciati, ecc. Qui, tuttavia, gli accordi indugiano come una sottile nebbia nell’aria.
Ancora più importante, c’è questo: quando comanda il microfono, come nel pessimo “Guess Who I Saw today”, sullo spionaggio di un amante con un’altra donna, o la torch-song “I’m Confessin’ (That I Love You)” il tempo tutto si ferma. Il momento su quest’ultimo in cui è lasciata da sola al microfono, per esempio, e la sua voce si abbassa, è ipnotizzante. Allo stesso modo nel suo giro di “Someone to Watch Over Me”, che è tanto scarso quanto affascinante, il che è tutto da dire. “Linger Awhile” è un Lavoro che merita la tua attenzione. Provaci!!!
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