ROZI PLAIN – ‘Prize’ cover albumAscoltare Rozi Plain, sotto cui si cela Rosalind Leyden, è come cercare forme tra le nuvole. Nei suoi testi simili a miraggio e nel mix di folk delicatamente deformato e jazz nomade, puoi imbatterti in momenti di forte riconoscimento. Ex studentessa d’arte, Plain è un membro di lunga data della brillante band folk di Kate Stables, This Is the Kit e un appuntamento fisso del collettivo Cleaner Records, che ha fondato con la collega artista folk Rachael Dadd.

Nel frattempo, ha coltivato le proprie ambizioni. “Prize”, il suo quinto disco, è un documento della sua evoluzione negli ultimi 15 anni e, con il proprio vasto cast di supporto, un tributo allo spirito collettivo che ha definito la sua carriera. Coprodotto da Leyden con Jamie Whitby Coles, il batterista della band principale (anche di This Is The Kit), è un set immediatamente accattivante: 10 canzoni risonanti, ma senza fronzoli, contraddistinte da un equilibrio di intimità ravvicinata e composizione sobriamente elegante, in sintonia con il potere del flusso ripetitivo.

I testi di Rozi sono semplici, ma il loro significato rimane appena al di là della portata di un ascoltatore, come se stesse cercando di articolare la profondità di un sogno. In “Prove Your Good”, sottili spostamenti di parole tentano mille significati: ‘Dimostralo, dimostralo / Dimostralo a chi?’.

La sua selva di enigmi sarebbe quasi frustrante se non fosse per la chiarezza portata dalla musica vibrante, aiutata dai suoi numerosi collaboratori, come Stables, il musicista jazz Alabaster DePlume e l’arpista Serafina Steer.

Il set si apre con “Agreeing For Two”, una soave sinfonia la cui spina dorsale è un semplice pattern di chitarra che trascina con sé la voce affascinante e calda di Leyden, il suo sistema nervoso un motivo di synth luminoso e sbarazzino.

Su “Help”, strumenti familiari si comportano in modi curiosi: un sassofono imita gli archi; le chitarre si mascherano da fisarmoniche. Le steel drum risuonano dolcemente su “Complicated” mentre i sintetizzatori ronzano come un tremito cardiaco. L’effetto è comunicativo come qualsiasi parola, elevando l’emozione nelle sue domande scomode come ‘Cos’è se non lo è? / È amore quando si ferma?’.

Intorno ai due terzi, l’elegiaco “Painted The Room” prende il volo su ali ammiccanti da discoteca spaziale, mentre la vagliante bellezza di “Spot Thirteen” è troppo trasportante per metà per prestarsi alla riflessione.

Andando ben oltre il folk morbido come il cotone dei suoi dischi precedenti, con “Prize”, la nostra sceglie di appoggiarsi alle proprie eccentricità e il rischio viene ripagato!!!


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