Ecco un’altra dimostrazione che nega il fatto che non esca più niente di interessante nel campo musicale, che non vale più la pena di impegnarsi per ricercare piccoli tesori nascosti tra le miriadi di uscite settimanali.
Della Reid non avevo mai sentito parlare, è scozzese di Edimburgo, ma ascoltando il disco si direbbe che è americana per il suono fortemente impregnato di radici della musica a stelle e strisce, che ci presenta ballate e story songs fortemente sbilanciate verso oltreoceano.
“Trails” è prodotto da Teddy Thompson, figlio di Richard e Linda, mostra grande cura nei dettagli sonori e contiene un duetto con Steve Earle. Dovete sapere che la nostra ha partecipato all’annuale writing camp organizzato da Steve, manifestazione che si svolge Upstate New York, il quale, ascoltando la cantautrice, è rimasto folgorato dalla stessa e si è detto disposto a prender parte al suo disco con un duetto nel brano “Sweet Annie”.
Il lavoro si apre con “Amy” ballata acustica dotata di grande profondità in cui sono sufficienti poche note per dipingere una melodia che rimane nella memoria, in cui tutto viene scolpito dalla voce e da una chitarra. A volta basta davvero poco per avere una canzone fatta e finita senza inutili orpelli, per dimostrare il valore di un/una musicista. Il brano successivo, “Heading north” è imbevuto di sixties folk, sembra di ascoltare il primo Dylan. Anche in questo caso la Reid è parca nell’uso degli strumenti: una chitarra, un organo in sottofondo, sezione ritmica e il pezzo ci induce a riascoltarlo tante volte, tanto è in grado di entrare sottopelle.
“Hey river” ha una forma più classica, la canta con voce sfumata, ma risulta vincente l’insistito uso del piano. Quasi soul risulta essere “I love her so”, grazie all’uso dei fiati, mixati molto dietro da risultare quasi impercettibili, che avvolgono la sua voce molto fresca. “Miles away” mi sembra essere la gemma del lavoro, ballata che si ammanta di passato e presente, tra il folk e la canzone d’autore, con una melodia semplice, ma estremamente efficace. Roseanne dimostra di essere una magnifica penna in grado di comporre tracce in cui l’equilibrio sonoro è la caratteristica principale.
La chiusura è affidata a “What i’ve done”, composizione leggermente diversa dal resto del programma, con un testo che parla di un condannato a morte che attende la fine del proprio percorso.
Che brava cantautrice, speriamo si conservi in futuro, intanto godiamoci “Trails”, splendido esordio!!!


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