ROEDELIUS & STORY – ‘4 Hands’ cover albumLe persone possono spesso balbettare su termini come leggendario e rampollo con una pigrizia spensierata; ma, quando si tratta del pioniere tedesco della musica elettronica e ambient Hans-Joachim Roedelius, ora nel suo ottavo decennio con noi, quegli epiteti sono sia del tutto appropriati che ampiamente meritati.

Incredibilmente ora oltre i suoi ottant’anni, il pioniere kosmische e neoclassico sta ancora esplorando, ancora incuriosito e ancora, anche se pacificamente, spingendo i perimetri delle sue forme distintive al pianoforte. Quando non collabora sotto l’ombrello di Qluster (solo i più recenti tre decenni di adozione dell’arco Kluster/Cluster originale) o vola da solo attraverso la tastiera, Roedelius seleziona attentamente i progetti che offrono stimolo o scopo.

In questo caso il compositore autodidatta incrocia ancora una volta percorsi riflessivi e sperimentali con il compositore e amico americano candidato ai Grammy, Tim Story; il quinto esercizio di questo tipo con Story dal loro album del 2003, “Lunz”. Chiamato così per la fisicità che hanno portato nella realizzazione di questa musica, si chiama “4 Hands” ed è uscito su Erased Tapes a gennaio.

In questo lavoro la coppia esplora una conversazione musicale intima e surreale piena della bellezza che deriva da tanti anni nella costruzione e nell’apprezzamento della musica e nella condivisione dell’amore per uno strumento da direzioni sovrapposte. L’LP è stato registrato in sequenza, ma sullo stesso pianoforte a coda. Il processo è iniziato quando Hans-Joachim ha stabilito alcuni studi a braccio nel maggio 2019 durante una visita a Tim; ha poi appreso la complessità di quei pezzi per estendere e complimentarsi nei mesi successivi. È intuitivo, magistrale, fluido, delicato.

‘4 mani’ si rivelano migliori di due, con il tedesco che stabilisce ‘studi’ pazienti, svolazzanti e singolari per Story per perfezionare e gonfiare armoniosamente, o per aggiungere sofisticati strati congrui fino a quando le frasi e gli stili di esecuzione di entrambi gli interpreti diventano così intrecciati da rivelarsi impossibile da disgiungere.

Questo scambio transatlantico tra i movimenti classici contemporanei nordamericani ed europei presenta composizioni che sembrano misurare il tempo e fare allusioni a varie frasi linguistiche istruttive (il relativamente immediato e liquido “Nurzu” deriva dall’incoraggiamento tedesco ad ‘andare avanti e farlo’) e un senso del luogo, dell’umore. Significativamente, il suggestivo serial “Haru” degli anni ’20 è dedicato al compianto grande compositore e poeta d’avanguardia Harold Budd, che poco prima della sua morte, nel dicembre 2020, ha interpretato questa peregrinazione senza tempo.

Un’amicizia di quarant’anni pervade ogni tocco e persino gli spazi tra ogni onda, gocciolio, scivolata e formicolio. Il funzionamento stesso di questo strumento condiviso, i perni e i martelli ammorbiditi, si trasformano in rebbi a spirale e ritmici a ventaglio come percussioni, a volte evocando l’Estremo Oriente. Un mix di contorni improvvisati, tensioni e nodi considerati si incrociano e confluiscono in modo complementare in questo album di sincronicità intrecciata, poiché entrambi gli artisti si leggono i pensieri l’uno dell’altro con discreta perfezione abile.

Questi pezzi esprimono un diverso tipo di bellezza, evocano più della somma delle loro parti, sono un dialogo senza parole, un ponte attraverso la grande acqua che separa le loro culture l’una dall’altra!!!


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