‘I momenti di quiete sono quelli in cui ci prendiamo del tempo per stare tranquilli. Quelli che riguardano la mia vita musicale, espressi sotto forma di Soundscapes, sono profondamente personali, ma anche del tutto impersonali: affrontano le preoccupazioni che condividiamo nella nostra condizione comune di esseri umani’. Così Robert Fripp spiega il senso di questi 8 CD (a coppie di 2) contenenti la musica che a partire dal maggio 2020, in pieno lockdown, ha cominciato a caricare a cadenza settimanale sul suo canale YouTube, sul sito DMG Live e sulle piattaforme di streaming: ‘paesaggi sonori’ suonati dal vivo tra il 2004 e il 2009 in show di ogni genere, in chiese, sale da concerto e festival, in apertura dei Porcupine Tree o in occasione dei concerti dei G3 (Satriani, Vai e Fripp) che variano in lunghezza da pochi minuti ai 44 di una “Elegy” eseguita a Nashville e che offrono una pausa dalle inquietudini quotidiane offrendo momenti di contemplazione, riflessione e speranza in tempi turbolenti: questo box li presenta nello stesso ordine in cui sono stati pubblicati, confezionati in set di due dischi ciascuno con copertine vinyl replica e accompagnati da un libretto di 58 pagine con note dello stesso autore.
Lunghi momenti di melodia dolcemente ondulata si dispiegano, gli accordi passano in nuvole sfuggenti. Tonalmente sono tutti violoncelli e violini. Fripp parla della musica in termini spirituali, anche se a volte è difficile sapere se debba essere assorbita come un potenziatore dell’umore ambientale che richiede il 20% dello spazio cerebrale o un’immersione meditativa che richiede il 100%. Fripp si esibisce dal vivo in vari contesti, testando tranquillamente le possibilità offertegli da una musica che abbandona la pretesa narrativa e si lascia semplicemente essere.
Ovviamente esplora questo terreno già da un po’ di tempo, risalendo ai primi anni ’70, quando una serie di incontri con il poliedrico glam Brian Eno lo portò a due album, (“No Pussyfooting” e “Evening Star”), in cui la chitarra di Robert intrecciava un web all’interno dei sistemi tape-delay di Eno. Decenni dopo, Brian si sarebbe meravigliato della comprensione apparentemente soprannaturale di Fripp delle sfumature del sistema: ‘È molto facile rimanere bloccati in una sorta di routine dei droni, ma è stato abbastanza intelligente da passare da una modalità all’altra’. Queste esperienze hanno ispirato il chitarrista a sviluppare Frippertronics, un metodo che collegava due deck bobina a bobina, in modo che potessero funzionare come un sistema di looping in tempo reale.
I paesaggi sonori tendono alla permutazione: Fripp tende a individuare una serie di toni e lasciarli sospirare attraverso lo spettro stereo, aggiungendo dettagli e deviazioni come meglio si adatta al momento. Facendo eco al precedente commento di Eno, mentre qui ci sono droni in abbondanza, Robert non si blocca mai in un punto: come un letto tonale, i droni funzionano per raccogliere le energie dell’ascoltatore, ma è nei dettagli, le figure di chitarra piroettanti che punteggiano paesaggio delle tre parti “A Move Inside” di Asheville, ad esempio, che la magica e profonda concentrazione dei paesaggi sonori diventa evidente. Mentre spesso mappano un terreno sostanzialmente simile, Fripp è attento a dare a ogni paesaggio sonoro il proprio spazio; liminali possono essere, ma c’è qualcosa di distintivo in ognuna di queste miniature quiescenti. Se qualcosa sembra il cuore” di “Music For Quiet Moments”, sono le varie elegie che il nostro ha punteggiato in tutta la collezione. Questi attingono da molte esibizioni – da Roma, Hannover, Nashville e Parigi – e sono particolarmente eleganti e commoventi. L’esibizione a Roma, del 20 giugno 2006, è divisa su due dischi: un estratto si annida tra molti altri brani ed è notevole per il suo bagliore luminoso, un gruppetto di note infantili tenute insieme, con calma, pazienza, cullate da Fripp come se fossero ‘sei a un passo dalla frammentazione e dall’allontanamento’. Altri tre estratti appaiono sul disco successivo, in ordine, e iniziano in una vena simile, ma si spostano in profonde raffiche polmonari di un ronzio simile a un violoncello e in un luogo adorabile e spoglio di suonare, durante “Elegy Pt 2”, dove Fripp suona quasi come il chitarrista del ‘venusian blues’ Loren Connors intrecciato attraverso un Echoplex.
L'”Elegy” di 45 minuti da Parigi – eseguita il 22 settembre 2015 ed esistente al di fuori della linea temporale della maggior parte degli altri paesaggi sonori – è un tour de force e merita completamente di essere isolata sul proprio disco. Il terreno mutevole del pezzo, il suo movimento dentro e fuori dalla portata dell’orecchio, la sua tassellazione di tonalità, ricorda la sacra tristezza del compositore estone Arvo Pärt; abbraccio amorevolmente malinconico, l’“Elegia” di Parigi si ritira più volte in un silenzio quasi, come per rinnovare le sue riserve, o per trovare il suo centro meditativo, dal quale ogni volta si irradia di nuovo. Come gran parte della musica del box, l'”Elegia” di Parigi è tutta incentrato sulla trasformazione, sullo sbloccare l’immenso nell’intimo. E al centro di tutta questa musica, fondamentale sia per la sua esistenza che per la sua diffusione, c’è l’empatia e la cura, e una sorta di meraviglia quotidiana, ma profonda!!!
Questo articolo è stato originariamente pubblicato da Uncut.co.uk
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