Liz Harris è una rinomata compositrice sperimentale che decide questa volta di collaborare con l’artista visuale Marcel Weber. Più precisamente, si tratta di un’installazione audiovisiva supportata da quattro lunghe tracce che sfiorano, complessivamente, l’ora di durata.
La prima composizione, “After Its Own Death” (38 minuti), appare elegiaca, liturgica, sacrale nel suo dipanarsi lentissimo. Costringe a un ascolto assorto, emotivo e immaginifico perché i segni musicali sono così pochi e così tanto rarefatti da dover essere completati dalle immagini di Weber e dall’interpretazione dell’ascoltatore. Il coro ecclesiastico che apre l’album scivola lentamente in una pulsazione ipnotica, un drone minaccioso che turba la dolce malinconia del canto liturgico fino a soppiantarlo completamente.
La nostra dà vita ad un insieme fatto di chitarre, mellotron, nastri, pedali, voci prive di incanto. Il suono che risulta è liquido, ci conduce in uno stato ipnotico e sembra sempre sul punto di spezzarsi per poi ricomporsi in un nuovo gioco sempre liquido ed ipnotico quasi si trattasse di un requiem.
Per un’ora così, ogni tanto, fatta di incanto, chiaroscuri, in parole povere un crepuscolo incantevole, sarei disposto a tutto!!!


Category
Tags

No responses yet

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *