Mavis Staples irrompe sulle scene musicali fin dal 1950 quando entra a far parte del gruppo di famiglia, gli Staples Singers. La formazione è guidata da quel gigante del padre Roebuck “Pops” Staples, fonte d’ispirazione sonora e chitarristica del fenomenale Ry Cooder. Il quartetto di estrazione gospel si fa apprezzare nel Sud degli Stati Uniti, anche grazie alle rivendicazioni afro-americane di cui si fa propugnatore Martin Luther King.
Mavis pubblica il suo primo disco nel 1969, e nel decennio successivo ottiene un grande successo. Poi l’attività si dirada e procede a strappi. Il suo grande ritorno inizia a metà degli Anni 2000, e dal 2007 procede con regolarità grazie alla firma con la Anti-Records e al lavoro in produzione di personaggi quali Ry Cooder e Jeff Tweedy. La possiamo considerare un piccolo monumento della canzone soul americana portata avanti con orgoglio e abnegazione. Ha cantato canzoni di Dylan, di cui era molto amica, ha collaborato con Curtis Mayfield e Prince.
È uscito in questi giorni il nuovo album, sempre su Anti, da titolo ‘If All I Was Was Black’ prodotto dal leader dei Wilco come i due precedenti ma, diversamente dalla quella coppia di album, questa volta il buon Jeff compone anche tutti i brani. I musicisti coinvolti sono del suo giro, c’è il figlio Spencer, Glenn Kotche, Jeff Turmes, Stephen Hodges. Un cenno a parte la chitarra nelle mani del bluesman Rick Holmstrom. Il 2017 verrà ricordato negli Stati Uniti come quello della rinascita dei conflitti razziali una situazione ben nota a Mavis, che già fu in prima linea durante gli Anni ’60 schierandosi apertamente dalla parte di Martin Luther King. L’album risente di questo momento storico, anche se non direttamente nei testi, ma nell’atmosfera generale del disco. Questa caratteristica toglie un po’ di brillantezza al lavoro in cui a volte la scrittura non risalta come i suoni. Il pezzo omonimo è un brano incisivo e coinvolgente grazie alla voce della nostra, mentre ‘Build A Bridge’ è un pezzo piuttosto scialbo con un uso delle voci in falsetto che inficiano la qualità del brano. Buona la ‘Ain’t No Doubt About It’, permeata di gospel e con Tweedy ottimo protagonista alla seconda voce. ‘Peaceful Dream’ è un altro pezzo forte, base gospel, voce di grande espressività ed il suono cucito attorno è scarno, giusto per esaltare la canzone. Il problema di fondo del lavoro sono le composizioni che, essendo tutte scritte da Tweedy, ne hanno anche le caratteristiche principali, che sono più per una indie band che per una soul singer. Nonostante tutto, la Staples riesce ad emozionarci con una voce ancora stupenda nonostante sia ormai ultrasettantenne, e con un’abilità di navigazione in cui riesce a fondere l’indie rock con lo spirito soul degli Anni ’70.

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