A distanza di due anni dall’album collaborativo con Stephen Brodsky e a tre dall’ultima prova solista “For My Crimes” (senza contare il cover album “Instead of Dreaming” uscito quest’anno), torna Marissa Nadler. Il nuovo lavoro, missato da Seth Manchester (Daughters, Battles, Lingua Ignota), s’intitola “The Path of the Clouds” e introduce un nuovo metodo compositivo: la maggior parte dei brani è stata concepita al piano invece che alla chitarra. A collaborarvi troviamo Mary Lattimore, Simon Raymonde, Emma Ruth Rundle e Amber Webber dei Black Mountain e, non ultimo, Jesse Chandler, membro dei Mercury Rev e Midlake, e suo insegnante di pianoforte.
Ad anticiparlo, il lead single “Bessie, Did You Make It?”, un brano sognante che il clip diretto da Mitch Wells dei Thou tinge di mistero (Marissa durante la quarantena è diventata un’ossessiva ‘bindge watcher’ di serie tv tra cui “Unsolved Mysteries”). Segue la sognante “If I Could Breathe Underwater”, accompagnata da uno video dalla delicata psichedelia con la cantante ripresa sott’acqua come sulle rive di un lago.
Dall’uscita del suo omonimo album di debutto nel 2011, la musica della nostra è sempre stata meravigliosamente inquietante. È stata anche piena di contrasti, come il freddo gelido che emanava dal moderato “July” o la forte malinconia di “Strangers”. Creare arte in grado di suscitare emozioni così contrastanti è un talento che pochi artisti possono eguagliare, che parla della natura meticolosa di come Nadler affronta il proprio mestiere. Le composizioni sono complesse, le storie che racconta sono sorprendenti e la sua voce è meravigliosamente spettrale. Dopo otto album da brivido, rimaneva una domanda: potrebbe replicare ancora una volta la magia mentre trova nuovi modi per stordire?
Sebbene molti abbiano lottato per sopravvivere a più blocchi a causa di una pandemia globale, l’isolamento ha fornito la motivazione per lavorare al suo nono album, “The Path of the Clouds”. La sua ispirazione, tuttavia, non è venuta per le esperienze e le ansie, come è accaduto per la maggior parte delle tracce e dei dischi usciti negli ultimi 22 mesi. Invece, i racconti dell’LP sono tratti dalle repliche binge-watching di “Unsolved Mysteries”. Con ogni episodio, si è resa conto di quanto la sua vita rispecchiasse da vicino quella raccontata nella popolare serie. E rapidamente, è nato questo lavoro. Marissa, tuttavia, non è stata solo ispirata a scrivere nuove composizioni, ma si è anche reinventata. La desolazione rimane, ma è esposta in modo molto più widescreen. Si esprime attraverso il prisma del cinema vintage in contrasto con i locali notturni segreti, rilasciando il lavoro più dinamico fino ad oggi.
Nadler perde poco tempo per presentare il suo agghiacciante sound cinematografico. L’opener “Bessie Did You Make It” è un dramma avvincente e abbagliante. Chitarre incontaminate, un sintetizzatore ronzante e ritmi leggeri fluttuano senza sforzo nell’aria con la voce eterea della protagonista che scivola accanto all’arrangiamento. Il tono per il resto dell’LP è impostato, ma Marissa utilizza diversi dispositivi per ricreare l’effetto di arresto dell’apertura. Sulla title track, una melodia delicata e tranquilla alla fine lascia il posto a un climax tremante. Ma per tutta la canzone permane una suspense, mentre ci racconta un rapimento e la decisione se pagare o meno il riscatto. Al contrario, “Couldn’t Have Done The Killing” pulsa con un bordo cupo, mentre la chitarra distorta taglia le armonie ossessionanti. Le percussioni si accumulano, aggiungendo tensione mentre la canzone continua. I momenti finali salgono al territorio quasi gotico-psichedelico mentre i testi evocano un altro mistero a tarda notte.
Come tutte le grandi storie, il disco deve terminare. Sebbene non sia l’ultima né la penultima traccia del lavoro, “Storm” è il corteo funebre. Si alza un tono morboso, cupo, ma che apre gli occhi, guidato da un grande arrangiamento di flauto e organo. Mentre il brano raggiunge lentamente il suo apice, le parole di Nadler indugiano. Ma nel suo mondo c’è anche una straordinaria bellezza. A volte può essere duro, cupo e inquietante, ma è sempre sorprendente e affascinante. E ancora di più questa volta!!!
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