MARGO PRICE – ‘Strays’ cover albumMolte delle canzoni per “Strays” sono state scritte, da Price e suo marito/chitarrista Jeremy Ivey, durante sei giorni trascorsi nella Carolina del Sud, bevendo funghi e cercando nuove direzioni creative.

Il risultato non è un disco apertamente psichedelico, ma è comunque un bel salto dal country ammaccato, registrato ai Sun Studio, approvato da Jack White, di “Midwest Farmer’s Daughter” del 2016, con le sfumature di Tammy Wynette e Loretta Lynn. Molto meno country, molto più alternative, Margo è ora arrivata in un mondo sonoro che a volte vortica con chitarre rock e organo Farfisa, riverbero all’indietro ed echi su echi.

Sopra il trancey riff di tre accordi di “Been To The Mountain”, la cantante assume varie identità, reali o immaginarie (‘I’ve been a dancer, a saint, an assassin/I’ve been a null, a truck driver shaman’), sperando per una sorta di epifania o comunione con il ‘sommo sacerdote’, ma soccombendo, in un vertiginoso sproloquio alla Patti Smith, alla paranoia. ‘Cammini mai per strada’, si chiede, e pensi tra te e te, ‘Sono osservata, amico?’.

È facile capire perché Price avrebbe cercato la liberazione spirituale. Anche al momento del suo debutto nel 2016, pubblicato tre settimane prima del suo 33esimo compleanno, aveva vissuto una vita dura, che comprendeva anni di tour di basso livello, alcol e droghe, prigione e la tragica morte di uno dei suoi gemelli e di Ivey. Tutto coraggiosamente documentato nel suo libro di memorie pubblicato di recente, “Maybe We’ll Make It”. Gli ultimi anni, dopo il successo, sono stati più fluidi, ma comunque impegnativi. La nostra è stata costretta a posticipare l’uscita del suo terzo rilascio, “That’s How Rumors Get Started” del 2020, quando Jeremy fu colpito dal Covid-19 e la coppia costretta ad isolarsi per due mesi.

Nei punti chiave, “Strays” esplode con un desiderio di libertà e spazi aperti. “Light Me Up”, aiutato dall’ex Heartbreaker Mike Campbell alla chitarra, scatta attraverso più passaggi, dal delicato plettro di chitarra acustica, ad una precipitosa corsa a forma di amore, in un ritmo country-rock e su una coda che aumenta lentamente di tempo e intensità. L’emozionante trucco per velocizzare la band – viene poi ripreso con il massimo effetto alla fine della malconcia e minacciosa “Hell In The Heartland”.

Inizialmente realizzato in vari studi nella città natale adottiva di Price, nata in Illinois, Nashville, la cantante e la sua band, The Pricetags, si sono poi trasferite a Topanga Canyon e nella struttura fuori dai sentieri battuti del co-produttore Jonathan Wilson, Fivestar Studios, per un’intensa settimana di registrazione che in molti modi definisce il lavoro. In parte, questo è davvero il disco californiano di Price, che segue ulteriormente le vibrazioni dei Fleetwood Mac del ’75-77 della bella, riflessiva (anche se freddamente vendicativa) title track di “That’s How Rumors Get Started”.

“County Road” prende Nicks e Springsteen come punto di partenza immaginario – in parte “Dreams”, in parte “Racing In The Street” – e si avventura in qualche luogo meraviglioso. Impiegando la voce country pura e dolorante (al contrario della sua controparte più grintosa mostrata altrove), racconta la storia di qualcuno lasciato in una ‘città prigione’, vedendo lo spettro del loro ex amante o complice ovunque. Se il narratore soffre già di un mutevole senso della realtà (‘Forse sono fortunato, sono già morto e non lo so nemmeno’), allora nella tradizione del ‘grand country’ c’è una svolta nel verso finale: il ‘ragazzo’ a cui sta scrivendo ha lasciato da tempo questo regno terreno.

Altrove, trasforma i suoi talenti tradizionalisti nella scrittura di canzoni in forme nuove e interessanti. C’è il synth-pop/rock di “Radio” con l’assistenza di Sharon Van Etten, una canzoncina concisa di due minuti e 49 secondi. Un altro sforzo sfacciato per essere commerciale è più soffice: “Time Machine” suona come Jenny Lewis ed è carino, ma usa e getta. C’è più grinta nel blues acido di “Change of Heart”, che alchimizza i sentimenti amareggiati in una positività rassegnata.

Dalla svolta di sei anni fa, modellata dal proprio precedente decennio di oscurità, l’autenticità della narrazione di Margo l’ha fatta distinguere. “Strays” lo sostiene, ma mette ulteriormente in luce i suoi doni melodici e il suo canto profondamente pieno di sentimento, spostandola in vari modi sia più vicino al mainstream che più lontano!!!


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