Il percussionista, compositore e produttore di Chicago Makaya McCraven pubblica il proprio nuovo album, “In These Times”, tramite International Anthem / Nonesuch / XL Recordings. La prima offerta è una canzone intitolata “Seventh String”, che racchiude le varie dimensioni musicali presenti nel rilascio di McCraven, un corpus di lavori che definisce la carriera, che è un nuovo straordinario picco per il già in ascesa Makaya.
“In These Times” è una raccolta di composizioni politemporali ispirate tanto da lotte culturali più ampie quanto dall’esperienza personale del nostro come prodotto di una comunità di musicisti multinazionali della classe operaia.
È la registrazione che ha cercato di creare per oltre 7 anni, poiché è stata costantemente in elaborazione in background, mentre ha prodotto una nutrita serie di pubblicazioni tra cui: “In The Moment” (2015), “Highly Rare” (2017), “Where We Come Da” (2018), “Universal Beings” (2018), “We’re New Again” (2020), “Universal Beings E&F Sides” (2020) e “Deciphering the Message” (2021).
Con il contributo di oltre una dozzina di musicisti e partner creativi della sua affiatata cerchia di collaboratori – tra cui Jeff Parker, Junius Paul, Brandee Younger, Joel Ross e Marquis Hill – la musica è stata registrata in cinque diversi studi e quattro spazi per esibizioni dal vivo mentre McCraven si è impegnato in un ampio lavoro di post-produzione a casa.
Caratterizzato da arrangiamenti orchestrali di grandi dimensioni intrecciati con il suono caratteristico della ‘musica ritmica organica’ che è diventato la sua firma, il disco è un’evoluzione e una pietra miliare per il musicista e il produttore. Ma inoltre, è l’affermazione più forte e chiara che abbiamo mai sentito da lui nelle vesti di compositore.
Non è dato a tutti il dono di saper miscelare pezzi difformi, trovarne il legame e operare tagli qua e là. Si parla di un’opera non facilmente classificabile al primo ascolto, ma, forse, neppure dopo tanti passaggi sullo stereo. Abituati a fare classificazioni immediate, questo lavoro sfugge ad una catalogazione istantanea.
I brani sono piuttosto brevi, a parte la traccia omonima, arrivano alle nostre orecchie e se ne vanno, quasi non volessero dare spiegazioni. Sono perfettamente immersi nella contemporaneità di un mondo frammentato e sempre in movimento, che ruota vertiginosamente intorno a noi. Questa impressione comincia a sparire dopo tanti ascolti, ci si accorge che il materiale è legato ad aspetti musicali già profondamente radicati nel magma musicale: archi di impronta soul, jazz di stampo hard-bop, leggere spruzzate world che si muovono dal Brasile all’Oriente, suoni orchestrali degli anni d’oro, proprietà hip-hop.
Il risultato uno sforzo apprezzabile che ci accompagnerà a lungo verso la fine di quest’anno insopportabile, l’ennesimo in un arco temporale sempre più lungo!!!
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