Ambientazione autenticamente sudista, tra foreste e paludi, per questo nuovo album di Lloyd Jones, settantenne musicista di Portland che a dispetto delle sue origini nordiche ha imparato i fondamentali del blues a fianco di gente come Earl King, Charlie Musselwhite, Big Mama Thorton e Albert Collins. Registrato a Nashville e ispirato dalla partecipazione di Jones alla crociera ‘Sandy Beaches’ organizzata da Delbert McClinton, “Tennessee Run” contiene quattordici composizioni originali del musicista: lo stesso McClinton, la cantante Teresa James e il tastierista/produttore Kevin McKendree affiancano il cantautore e chitarrista in questa raccolta capace di evocare Otis Redding e James Brown miscelando New Orleans Sound, cajun, rock and roll e Southern blues.
È uno scrittore di canzoni e diversi musicisti, anche importanti, hanno interpretato i suoi brani quali, tra gli altri, Clarence Gatemouth Brown, Joe Louis Walker e Curtis Salgado. Questo per dare un curriculum al nostro che con questo nuovo lavoro presenta quattordici originali registrati a Nashville utilizzando i migliori musicisti di ‘Music City’ e risulta difficile non emozionarsi. Sono lieto di poter dire che questo album non delude.
L’apertura “You Got Me Good” è all’altezza dell’autodescrizione di Jones. Semplici e ronzanti linee di fiati (Lloyd è sicuramente consapevole della spina dorsale che i Memphis Horns hanno originato così tante versioni classiche della Stax) hanno dato fuoco a questo rock rimbalzante che ronza e ondeggia come uno speciale Otis Redding. L’atmosfera del bayou di ‘Big Easy’ è sicuramente presente anche qui, ribolle sotto e viene in superficie con tentacoli fumanti e paludosi a sudare attraverso la pista. Anche i fan dei primi lavori di James Brown con The Famous Flames troveranno molto da ammirare e godere. Un’energia intensa e saltellante afferra l’ascoltatore sin dall’inizio.
Il nostro offre anche sul fronte blues. Tracce come “I Wish I Could Remember Loving You” risplendono di un’atmosfera cruda da Barrelhouse. Il pianoforte Honky-tonk risuona intorno a riff di chitarra muscolosi e taglienti. I tamburi evocano il battito di una sega polverosa. Questo disco può mostrare lo smalto e l’equilibrio di Nashville, ma se si guarda in basso c’è davvero del fango del Tennessee sui suoi stivali, a dimostrazione del fatto che Lloyd ama le sonorità ruvide e sporche. Il delizioso “Where’s My Phone?” si dirige verso il funk down-town, aggiornando argutamente i guai del blues in un racconto molto moderno, che sicuramente tutti apprezzeranno e con cui si relazioneranno. L’arrangiamento è meraviglioso; i fiati saltano, contagiosi, da un orecchio all’altro, le percussioni rantolano intorno al cranio e alcuni trucchi sottili e contemporanei e la manipolazione elettronica portano un tocco di modernità senza inficiare il risultato finale.
Il tema della festa continua con “Bayou Boys”. I ritmi ondeggianti di New Orleans risuonano, tintinnano e scendono dritti nell’anima, spingendoti a rimetterti in piedi. Alcune pause strumentali meravigliosamente impettite si riversano dagli altoparlanti e c’è un po’ di tutto da godere. “Turn Me Loose”, potrebbe essere un successo di Elvis degli anni ’50. Oscilla e rotola con fiati lancinanti e un assolo di chitarra succinto e tagliente. Gran parte della gioia di questo disco deriva dal suo approccio immediato. Nella grande tradizione della ‘Big Easy’, stili e stati d’animo diversi vengono mescolati insieme, miscelati con amore e serviti come uno stufato delizioso e speziato di espressione musicale!!!
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