LEE BAINS & THE GLORY FIRES – ‘Old-Time Folks’ cover albumDa quando hanno pubblicato il loro primo album, “There Is A Bomb In Gilead” nel 2012, la band di Birmingham, Alabama – cantante e chitarrista Lee Bains , il bassista Adam Williamson  e il batterista Blake Williamson – si è costruita una reputazione come ‘punk esaltato dal dannato alleluia del rock del sud’ che porta avanti ‘l’usanza del venerdì sera di bruciare la casa’ con un suono dal vivo crudo catturato dal produttore punk texano Tim Kerr negli album in studio “Dereconstructed” (2014) e “Youth Detention” ( 2017) prima di registrare “Live at the Nick” (2019) durante l’immersione nella loro città natale.

Il loro lavoro è diventato famoso anche per i testi di Bains e il loro colto e incisivo commento sociale sull’amata casa natale, che lo hanno portato a pubblicare poesie sul New Yorker e parlare nelle università dal Mississippi alla Svezia. Il leader e i fratelli Williamson collaborano anche con artisti come Lonnie Holley e Swamp Dogg, prestano la loro enfasi alle proteste dei camion di Donald Trump e Roy Moore, suonano spettacoli di beneficenza per i minatori di carbone in sciopero dell’Alabama e le organizzazioni di liberazione LGBTQ dei neri del sud, e presentando live streaming di musica gospel per i banchi alimentari di Birmingham e Atlanta.

Mentre i Glory Fires hanno passato un decennio a propagare il pandemonio con coscienza, negli ultimi anni, mentre il trio guidava il proprio furgone per oltre 400.000 miglia tra uno spettacolo e l’altro, si sono ritrovati ad ascoltare dischi che erano più prodotti, arrangiati e strutturati rispetto al loro stesso lavoro passato, ad album che li hanno colpiti come senza tempo e immensi, quelli che ti hanno invitato a perderti nei dettagli. In molte strade interstatali con gli occhi annebbiati, hanno parlato di voler pubblicare un lavoro classico – non un documento trasparente del loro suonare dal vivo con l’abbellimento occasionale – ma un vero e proprio LP da studio. Hanno parlato di lavorare con un produttore che avesse realizzato tali rilasci. Sul prendere le canzoni di Bains e decostruirle, spogliarle fino ai loro elementi più minimi, re-immaginarle e ricostruirle di nuovo. Hanno parlato di considerare attentamente gli accordi. Scavare nelle proprie varie influenze. Scambio di strumenti. Ottenere suoni ad alta fedeltà. Invitare musicisti ospiti. Incorporando percussioni e sintetizzatori e fiati e archi. Magari anche scrivendo una o due canzoni senza l’uso della chitarra elettrica a tutto volume, o anche – sussulto – senza una chitarra in assoluto.

“Old-Time Folks” è il risultato della loro ricerca. Hanno contattato il georgiano David Barbe di Athens, il cui lavoro con i Drive-By Truckers, Sugar, Son Volt, Vic Chesnutt e innumerevoli altri artisti che gli ha fatto guadagnare una reputazione leggendaria tra i rocker indipendenti del sud, e hanno deciso di portare a compimento questa visione. Dopo mesi di registrazioni di demo con John Paul Foster a Montevallo, in Alabama e di accordi con Kerr, che la band chiama il loro ‘allenatore’, si trasferirono ad Athens per registrare con Barbe al Chase Park Transduction nel dicembre 2019. Subito dopo aver tracciato i brani iniziali, è scoppiata la pandemia di COVID-19 e il trio, solitamente in tournée, si è presto ritrovato a casa con ancora più tempo per considerare, arricchire e arrangiare questa nuova serie di canzoni. Il risultato è uno sforzo i cui livelli di dinamica, sfumature, gamma e intimità sono nuovi per i ragazzi. Ad arricchire queste esplorazioni ci sono spiriti musicali affini come il pianista Thayer Sarrano, l’organista Jay Gonzalez (Drive-By Truckers), il cantante Kym Register (Loamlands), i suonatori di fiati William Washington e Theresa May (Mourning A BLKstar) e l’arrangiatore d’archi Annie Leeth, i cui contributi idiosincratici all’album approfondiscono quel senso di collettivismo evocato dai testi.

Il disco è stato quasi chiamato “A People’s History”, e le sue 13 composizioni sono incentrate su quella missione: indagare sui luoghi di calpestio della band dell’Alabama e della Georgia occidentale, ed evocare storie dei popoli di quella terra, che si sollevano collettivamente per difendersi e liberarsi dai sistemi di potere e sfruttamento. Proprio mentre la musica si snoda tra rock ‘n’ roll frastagliato e ondate di chiesa, nenie piene di feedback e rave-up orchestrali, i testi ci guidano attraverso quelle terre ricche e variegate allo stesso tempo.  Pur affrontando concetti politici, storici e filosofici così elevati, il risultato è anche il più intimo, vulnerabile e spirituale dei nostri fino ad oggi. La prospettiva è sia rivolta verso l’esterno che verso l’interno, Lee non assume mai la persona o l’esperienza degli altri, ma piuttosto scrive del modo in cui la sua esperienza limitata e la prospettiva del posto della band possono sollevare i veli di false narrazioni e scoprire ‘mucchi di storie tortuose’ nel tempo.

In un’epoca caratterizzata dall’individualismo e in cui il passato sembra essere l’unico dominio dello status quo, “Old-Time Folks” illustra le radici profonde, spesse e intricate della liberazione, del collettivismo, della mutualità e della solidarietà nel profondo sud, e dove fioriscono e portano frutto oggi!!!


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