LAMBCHOP – ‘The Bible’ cover album“The Bible” è il diciassettesimo album dei Lambchop e arriva a poco più di un anno di distanza da “Showtunes”, disco che prendeva le premesse da idee composte su un piano MIDI e attraversato da una sottile vena distopica che dovremmo ritrovare (amplificata?) nel nuovo lavoro, come lascia intendere il singolo “Police Dog Blues”. Si tratta di una specie di gospel/soul integrato da elementi sintetici, intriso cioè nel calore freddo tipico dell’ultima produzione della band di Nashville, a cui si aggiunge un senso di allarme elettrico, come una crepa Eighties sulla superficie cibernetica.

È a Minneapolis – e non come di consueto a Nashville – che eccezionalmente si sono tenute le registrazioni, per essere precisi in una fabbrica di vernici dismessa, durante l’estate del 2021. Altra particolarità: Wagner ha rinunciato a dirigere in autonomia per condividere le responsabilità assieme al pianista Andrew Broder e al produttore Ryan Olson («Ryan and Andrew, they’re like two sides of my personality, and if you put them together as a team, they represent me»). Una scelta che lascerebbe presupporre un elemento di discontinuità forte, ma anche un modo per tornare allo spirito che più di tre decenni fa mise in moto una delle band più insolite e suggestive uscite dall’ecosistema musicale indipendente a stelle e strisce.

I Lambchop erano originariamente visti come una band alt-country con elementi soul della vecchia scuola. In verità, Kurt e il suo straordinario e mutevole gruppo di musicisti si sono lasciati alle spalle country e soul generici. La musica del gruppo è assolutamente personale, solo loro, non importa quanto spesso uno dei lick di chitarra dell’era Stax di William Tyler, o gli splendidi arrangiamenti di archi di Peter Stopschinski, o il lamento piangente della steel guitar di Paul Niehaus informino il loro suono. Oggi non è più possibile incasellarli dove li si poneva agli esordi. Nel tempo il coraggio di Wagner ha dato origine ad un linguaggio poetico e musicale molto più complesso, elusivo e delicato che non poteva sopportare un’analisi grossolana, pena la banalizzazione della propria opera.

Nel corso degli anni si sono toccati tanti stili, dal jazz orchestrale al funk, dalla musica da club al pop cinematico. Per cui quello che si ascolta in “The Bible” tocca tanti argomenti musicali dal Van Dyke Parks di “A Major Minor Drag” e “That’s Music” all’Isaac Hayes di “Little Black Boxes” e “Police Dog Blues” e Scott Walker che fa capolino in “Daisy”, “Dylan at the Mouse Trap” e “His Song is Sung”, ma tutti riuniti nella figura di Kurt.

L’ennesima opera impeccabile da parte di un autore che non conosce cali di ispirazione, forse perché compone per sé stesso e non per piacere al pubblico. Fa tutta la differenza di questo mondo!!!


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