Kendra Morris ha vissuto nove vite. Lavorando verso il suo sogno dal cantare nel suo armadio da bambina al trasferirsi nella ‘Big Apple’ dalla Florida per dedicarsi alla musica nel 2004 con la sua band, che alla fine si sarebbe sciolta, tanti gli anni trascorsi prima che la cantante e cantautrice di New York City pubblicasse il suo debutto con “Banshee” nel 2012.
Riflettendo sui giorni difficili e su tutte le situazioni intermedie, le canzoni di Morris dell’ultimo decennio sono state raccolte su “Nine Lives” (Karma Chief / Colemine Records). Documentando gli alti e bassi della vita durante un decennio della propria esistenza, “Nine Lives” è una versione del dolore e dell’anima di Kendra da “Who We Are”, una traccia piena di sentimento scritta sugli effetti travolgenti e spesso dannosi del confronto di sé stessi con gli altri sui social media. ‘Ti dà quel senso di solitudine’, dice la cantante.
A metà, “Penny Pincher” offre un delicato passaggio da molti dei brani più cupi. La canzone documentava la fine di una relazione e il ‘raggiungere la fine della strada con qualcuno’, racconta Kendra. Il lavoro affronta anche il rapporto di amore-odio della nostra con l’alcol in “Dry”, una traccia che ha iniziato a scrivere quando stava diventando sobria. ‘Cercavo solo di rimettermi in sesto in quel momento’, afferma. ‘Quella canzone in realtà risuona con me ora in così tanti modi, perché sto sempre rivalutando il mio rapporto con situazioni del genere’.
Inconsapevolmente, il disco ha iniziato a prendere forma subito dopo la pubblicazione di “Banshee”, lavorando con il produttore di lunga data Jeremy Page e raccontando il quasi decennio a seguire. ‘Un’abitudine che ho sempre creato con me stessa, e con Jeremy, è stata quella di scrivere qualunque cosa, se scrivo da sola su una chitarra o su qualsiasi idea riesco a trovare, o se sono nel suo studio a Bushwick [Brooklyn, NY]’, afferma Morris. ‘Odio qualsiasi minimo tempo di inattività. Ho bisogno di lavorare sempre sulle intuizioni, quindi andrei lì [in studio] e continuerei a scrivere’.
Ha avuto modo di collaborare con Ghostface Killah e il chitarrista della Motown Dennis Coffey. La sua musica progressiva è difficile da definire. Non è certamente soul, jazz o funk, ma il suo lavoro ha, in alcuni punti, elementi di tutti e tre. Con il nuovo rilascio puoi farti un’idea di quello che è il suo sound variegato, ricco di sapori e colori. Dal punto di vista personale, la traccia di chiusura dell’LP “Drag On” è eccezionale. È una ballata drammatica che costruisce il climax che, sebbene totalmente contemporanea, deve solo un po’ al classico sound delle ‘girl group’ degli anni ’60. Atmosfera che è presente pure in “Get Me Down” su cui il suono denso è profumato di Phil Spector.
La sbarazzina title track è un altro brano molto contemporaneo, anche se con un soffio da colonna sonora del cinema dei sixties, specialmente durante l’introduzione. C’è un riff di chitarra molto anni ’60 che attraversa “Someone Else” mentre “This Life” potrebbe aver usato il suono Daptone come punto di partenza, che, ovviamente, abbraccia spesso i sapori di quel periodo storico, quindi, forse, nessuna sorpresa. Altrove, beh, “Penny Pincher” è una ballata acustica piacevole, semplice, mentre “Keep Walking” dà un inizio intrigante alla raccolta, scatenando la potenza della voce di Kendra Morris fin dall’inizio.
Ciò che scaturisce ricorda il successo di Mark Ronson e Salaam Remi con Amy Winehouse, filtrato attraverso un ‘anima’ hip-hop. Anche gli arrangiamenti sono distintivi, una sorta di debito pagato ai vecchi maestri (si pensi a Donny Hathaway e Curtis Mayfield), ma intrisi di sensibilità contemporanea: una scelta che pone la sua musica più vicina a El Michels Affair che ai Dap-Kings!!!
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