KELELA – ‘Raven’ cover albumKelela, l’artista nata a Washington, fonde l’R&B con l’elettronica sperimentale sin dal suo mixtape del 2013 “Cut 4 Me”. Nel 2017 ha pubblicato il proprio debutto, “Take Me Apart”, un futuristico album R&B che l’ha consolidata come artista singolare in un campionato tutto suo.

“Raven” è un ritorno molto gradito. È un album pieno di break-beat, sintetizzatori gonfi e la voce più forte di Kelela. È anche un disco in cui trova conforto e afferma il proprio posto nella storia nera, queer e afrofuturista della pista da ballo.

Qui la maggior parte della produzione è gestita dai DJ LSDXOXO, Asmara e Bambii. La tavolozza è più coerente rispetto alle versioni precedenti. Come suggeriscono i singoli “Washed Away” e “Happy Ending”, fasce di sintetizzatori e colpi di break-beat e 2-step danno forma all’LP.

Come sempre, Kelela sta lavorando con alcuni dei DJ più ‘in’ del circuito, ma niente qui è materiale di punta. “Raven” esiste da qualche parte tra il ritorno a casa dal club e l’addormentarsi. Le canzoni non hanno bisogno di essere suonate nel club per evocarlo. Ad esempio, “Take Me Apart” ne ha evocato uno pieno di vapore tangibile come la copertina di “I Want You” di Marvin Gaye, senza nessuna traccia apertamente club-friendly. Ma “Raven” non cattura del tutto quella liberazione di ballare tra corpi sudati. A volte vorresti che Kelela ci prendesse per mano e ci trascinasse ancora di più sulla pista da ballo.

Invece “Raven” è più sommesso. C’è una qualità subacquea e onirica che è in parte dovuta alla voce impennata e spettrale della nostra in brani quali “Sorbet” e “Divorce”. La vocalità di Kelela è sempre stata intrisa di R&B, le sue armonie e le sue corse riecheggiano i suoi predecessori sperimentali Janet Jackson e Brandy. Analogamente a “Renaissance” di Beyoncé, il rilascio celebra la pista da ballo come uno spazio di arte nera e queer, sebbene si senta più autentica, oserei dire. L’artista americana non sta rendendo omaggio, affermando invece il proprio posto in questo lignaggio.

Questi temi si uniscono nella title track. Quando il pezzo irrompe nella techno four-to-the-floor, è  inconfondibilmente il suono dei pionieri di Detroit Drexciya. Questo era un duo che faceva musica elettronica radicale mentre costruiva una mitologia afrofuturista attorno alla propria arte. In breve: Drexciya è il nome di una fittizia civiltà sottomarina, abitata dai figli di schiave gravide annegate durante il Passaggio di Mezzo.

Il suono dell’acqua può essere sentito in ogni brano dell’album e la copertina mostra un volto che emerge dall’acqua nera come la pece. Kelela ci sta ricordando che l’elettronica sperimentale e la pista da ballo sono sempre state intrise dell’immaginazione degli artisti neri – nessun altro artista trasmette questo meglio di lei!!!


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