JULIANNA BARWICK- “Healing Is A Miracle” cover album“Healing Is a Miracle” è il quinto album di Julianna Barwick, che per l’occasione fa il debutto nel roster di Ninja Tune.

Successore di “Will”, pubblicato nel 2016, il nuovo disco è stato registrato dalla violoncellista statunitense dopo il trasferimento in pianta stabile a Los Angeles, che è diventata la sua nuova casa dopo 16 anni di vita trascorsa a New York. E proprio su questa idea di cambiamento che prendono forma le fondamenta dell’opera, un inno a seguire il proprio istinto e vedere cosa ha da offrirci il destino. In particolare, il titolo fa riferimento ai “miracolosi” processi di guarigione del corpo umano.

Julianna è una quarantunenne compositrice e cantante originaria della Louisiana, dove da bambina fu componente del coro nella chiesa in cui suo padre era pastore. Approdata nel 2000 a New York, cominciò a usare la propria voce da soprano in altro modo dopo che un amico le regalò una loop station, moltiplicandone artificialmente i gorgheggi non verbali. Esibendosi dal vivo e producendo i primi dischi divenne figura di culto in città, al punto da spingere il “New York Times” a definirla nel 2009 “la nuova Enya”: apprezzamento a doppio taglio, in verità. Anche perché, ad ascoltare meglio, dietro una superficiale patina “new age” si nasconde un microcosmo sonoro più complesso.

In questo nuovo lavoro si avvertono cambiamenti che riguardano sia l’habitat sociale nel quale ha preso forma (trasferimento a Los Angeles) sia la collocazione discografica (ora presso Ninja Tune, etichetta londinese in apparenza distante da lei, essendo radicata nella sfera del clubbing), ma soprattutto un’apertura verso l’esterno mai sperimentata in precedenza. Infatti si può notare immediatamente la presenza di ospiti: l’arpista connazionale Mary Lattimore, che conferisce grazia all’ambient serafica di “Oh, Memory”, e il produttore californiano di scuola hip hop Nosaj Thing, cui si deve la scarna intelaiatura ritmica di “Nod”, in chiusura di sequenza. Il nome di richiamo, tuttavia, è quello di Jónsi Birgisson dei Sigur Ros, qui all’opera nel duetto che anima “In Light”, infuso di spleen celestiale.

La voce è sempre stata componente essenziale nei suoi lavori. Un mezzo espressivo che può essere sia avvolgente che intrigante, è un cantato cha sa cullare dolcemente, protettivo, ma che rilascia messaggi non sempre edificanti. Sin dal brano introduttivo, dai toni vagamente spirituali (che, a parte l’accostamento immediato con Enya, me la fa rimandare all’intensa Julia Holter e al suo ultimo lavoro “Aviary”), Julianna mostra di essere cresciuta e di voler andare oltre gli esiti ottenuti in precedenza. Prova ne sono le seguenti due tracce in scaletta: la struggente “Oh, Memory”, impreziosita dall’arpa di Mary Lattimore e, soprattutto, quella che intitola l’intero album, con le sue celestiali tonalità ambient e i dolci riverberi che ovattano l’atmosfera. “Wishing Well” è una sorta di strumentale, in cui solo in lontananza si sentono dei dolcissimi sussurri. “Safe” è vicina allo stile dei Sigur Ros ma dalla seconda parte in poi diventa ‘100% Barwick’ grazie al caratteristico utilizzo della loop station che ne amplifica il volteggiare della voce. “Flowers”, la canzone più breve del disco, superando di poco i due minuti, è quella che invece maggiormente si differenzia dalla scaletta, e i cui inserti elettronici e un arrangiamento più corposo la rendono adattissima per qualche remix, tali da farla planare nei club hall.

Non un disco da ascoltare in ogni momento e situazione, ma sicuramente il migliore dal lato compositivo che l’artista della Louisiana abbia mai partorito!!!


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