JUANA MOLINA: “ANRMAL: Live In Mexico” cover albumÈ la prima volta che Juana Molina viene registrata dal vivo con una performance che risale al marzo dello scorso anno in Mexico. Si tratta di un lavoro degno di essere ascoltato perché ha uno spirito tanto indefinibile quanto bello. Lo spirito contenuto all’interno (che si trova nel titolo dell’album) indica il fatto che tutti si sono resi conto che stavano ballando ai confini del mondo. È forse il miglior record di Molina fino ad oggi.

La musica di Juana è normalmente associata a tagli ipnotizzanti e groovy come “Un Dia” e “Tres Cosas”. Nonostante questa immagine spesso pudica, c’è molto da fare in tutte queste versioni live, molte delle quali sembrano determinate a finire in un modo radicalmente diverso da quello in cui sono iniziate. L’apertura, “Un Dia Punk”, è un’esplosione, una rapida e scintillante scena folk-punk; la morbidezza del brano mi ha fatto venire in mente gli Steely Dan nella loro forma più transatlantica. Lo stesso si può dire della rottura della chitarra nella seconda traccia, “Eras”.

C’è uno scintillio in più negli occhi di molti di questi tagli: “Paraguaya” suona decisamente cattivo, anche con i sintetizzatori malinconici simili ad archi e il ticchettio metronomico del ritmo spogliato. Che questa traccia sia seguita da una versione punk della stessa canzone (con Molina che si rivela alla Dea Bianca in forma di strega) è una mossa favolosa. Ora l’ascoltatore si sente intrappolato in una versione multicolore e veloce di ciò che è accaduto prima. Quel passaggio iniziale e le successive cadute e picchi creano dipendenza da ascoltare.

“Estalacticas” si presenta come un bellissimo numero stop-start; la voce sempre leggermente vocalizzata si estraniava leggermente dal mix, fluttuando sopra il tutto, come sirene che guidano una nave verso il suo destino. E la considerevole atmosfera elettro-folk in mostra in “Bicho Auto” è con gli occhi smussati e la spaziatura stellata di un hippy sfacciato che ha appena trovato la sua spezia nei trenini ritmici molto stile Madchester. Il concerto cattura anche superbamente l’intimità del lavoro registrato di Molina. “Ay No Se Offendan!” inizia come un bel momento di calma, guidato da un ritmo in loop costruito (forse) da un campione vocale. È il tipo di cosa ipnotizzante che sentiresti in un disco di Maarja Nuut. Tutto è groovy fino a quando il synth non prende una leccata jazz e siamo di nuovo sul treno dell’anima per un breve giro. “Sin Donnes” inizia in modo altrettanto orizzontale, ma improvvisamente prende il vento nelle sue vele per gentile concessione di alcuni pattern di batteria estremamente funky. Lo stesso si può dire per la chiusura, la versione “ufficiale” di ‘Un Dia’, che è una bellissima versione extra-rimbalzante, un esempio di quanta fantasia ed ingegno siano presenti nella testa della nostra.

Veramente una piccola gemma questo album, capace di mostrare, forse per la prima volta appieno, le potenzialità di una musicista che conosce l’arte di come si scrive una canzone, di come si arrangia e di come si interpreta!!!


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