JOHN HIATT WITH THE JERRY DOUGLAS BAND: “Leftover Feelings” cover albumNel bel mezzo di una pandemia globale, John Hiatt è entrato negli storici studi RCA (Sala B, per la precisione) insieme all’artista e produttore Jerry Douglas (vincitore di svariati Grammy Awards) per creare una collezione di canzoni d’amore e di strada, di felicità e di ferite. Le loro nuove canzoni sono le nostre nuove canzoni, in quell’atmosfera un po’ sospesa alla quale siamo ormai abituati.

Un record scintillante e affascinante di atemporalità livida, questa collaborazione tra il cantautore cult John Hiatt e l’acclamato maestro di dobro Jerry Douglas con la sua band non si attacca a nessun genere ma li fonde perfettamente per uno sforzo dal suono il più accessibile possibile.

Probabilmente meglio conosciuto dagli appassionati di musica attraverso il suo modo di scrivere canzoni. Hiatt ha visto interpretare i propri brani da Rosanne Cash, Rodney Crowell, Willie Nelson, Emmylou Harris, Linda Ronstadt, Suzy Bogguss, la Nitty Gritty Dirt Band, Bonnie Raitt, Bob Dylan, Jewel, Dave Edmunds e molti altri. I suoi talenti creativi nello scrivere sono stati riconosciuti con nomination ai Grammy, ma le sue registrazioni sono state costantemente ignorate dalla stragrande maggioranza degli acquirenti di dischi. Nonostante ciò, ha un seguito fedele, ha pubblicato più di 25 album e ha viaggiato in tour incessantemente, non solo in tutta l’America ma anche ampiamente in Europa. Fin dall’inizio della sua carriera ha sempre seguito la propria musa, completamente ignaro delle tendenze musicali, aspirazioni commerciali o ciò che richiedono gli uomini in giacca e cravatta. Le sessioni di registrazione informali e spontanee hanno sempre tirato fuori il meglio di lui. Come è con questo disco, registrato ‘dal vivo’ sul pavimento, alla vecchia maniera, in quel di Nashville.

Jerry Douglas è un altro musicista a cui piace prendersi rischi, non vive nella propria comfort zone. Tipicamente lo si trova in compagnia di altri, sia durante le jam, al timone della sua stessa band e in tandem con il suo mandato a lungo termine con Alison Krauss e Union Station, che è diventato essenziale per il suo lavoro quotidiano. Lungo una carriera che abbraccia quattro decenni e comprende oltre 2000 registrazioni, Douglas ha più che guadagnato il suo status di uno dei musicisti più celebrati al mondo. Oltre alla sua maestria strumentale, il 14 volte vincitore del Grammy e tre volte Musicista dell’Anno della Country Music Association si è creato una reputazione come artista discografico incessantemente inventivo che ha attinto da un pozzo infinito di stili e radici per creare una corda costantemente avvincente di album solisti e progetti collaborativi. Riunendo John, Jerry e i membri della band, Daniel Kimbro (basso, basso tic-tac), Mike Seal (chitarre acustiche ed elettriche) e Christian Sedelmyer (violino), hanno prodotto alcuni capolavori musicali davvero sorprendenti e magici, che completano perfettamente l’incredibile songwriting di John Hiatt.

Le sue canzoni sono spesso popolate da personaggi che si sono trovati nei loro momenti peggiori e che in seguito sono riusciti ad andare avanti. Sono entrambi musicisti senza tempo e del loro tempo, liricamente ambiziosi e di portata cinematografica, con immagini che spesso descrivono il lato squallido o difficile della vita. L’apertura leggera ma propulsiva, “Long Black Electric Cadillac”, evoca il meglio di questo abbinamento e attira la vostra attenzione fin dall’inizio. La traccia riflette il fatto che la Jerry Douglas Band è un gruppo molto coeso, che trae vantaggio dal fatto che ogni membro eserciti i propri talenti con uno scopo e una prospettiva combinati. Musicalmente, il suono è caldo, presenta groove atmosferici e languidi che fluttuano dietro la voce riflessiva di John e il lavoro di chitarra slide sempre sensibile e inimitabile di Jerry, in tandem con il violino di Christian. Per “Buddy Boy”, fa emergere la sua voce roca in stile Louis Armstrong che è compensata da un arrangiamento generalmente delicato di chitarra acustica strimpellata, esaltata da esecuzioni melodiche di dobro, che aggiunge colore a un ritmo pesante.

“All The Lilacs In Ohio” ha un ritmo piacevole e veloce, con alcuni hot pick di Jerry e “Mississippi Phone Booth” con voci sincere e potenti di John. È roba terrosa, con le radici sporche esposte per noi, da assaporare in tutta la loro fragranza. Anche su una melodia oscura come “I’m In Asheville” o il lento svolgersi di “Light Of The Burning Sun”, trova la bellezza nei momenti di solitudine e lutto. In altre parti dell’album, la band dimostra la sua capacità di variare efficacemente il tono e il modello, dal vivace divagare di “Keen Rambler” alla stanca risoluzione di “Changes In My Mind”, che ci danno la voce e l’arrangiamento più ariosi e belli dell’intero lavoro.

Folk rock e country con un’anima enorme e due giganti della scrittura e della performance a metterci il cuore!!!


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