Eccoci, ancora una volta, a scavare nel vasto territorio americano per scoprire nuovi personaggi del mondo musicale, dei perfetti sconosciuti capaci di sorprendere per la qualità della loro proposta.
È stato il trio folk delle Rainbow Girls alias Erin Chapin, Caitlin Gowdey e Vanessa Wilbourn a ospitare il cantautore losangelino John Craigie in una bella casa in legno sita sulla costa californiana durante le registrazioni di “Asterisk The Universe”, nuovo album del trentanovenne troubadour che ha iniziato a pubblicare dischi una decina di anni fa ispirandosi a figure leggendarie come Woody Guthrie e Ramblin’ Jack Elliott. ‘Le mie radici arrrivano più o meno da lì’ ha spiegato lui stesso, aggiungendo che ‘è stato bello registrare così vicino all’oceano circondandosi di tanti talenti che vivono nella zona’.
Il nome era un’assoluta novità per me, credevo di aver a che fare con l’esordio del musicista della ‘Città degli Angeli’, invece John è attivo già dal 2009 e ha pubblicato ben sei album fino ad oggi. In realtà ci sarebbero da considerare anche un paio di ‘Live’ e due dischi di cover (uno di alternative rock e l’altro dedicato ai Led Zeppelin).
Oltre alle padrone di casa, che lo accompagnano in “Used It All Up”, infatti, al disco – settimo nel catalogo di Craigie – hanno preso parte ottimi musicisti come Niko Daoussis degli Shook Twins alla chitarra, Lorenzo Loera (The California Honeydrops) all’organo, Jamie Coffis (Coffis Brothers) alle altre tastiere, Matt Goff (Marty O’Reilly & The Old Soul Orchestra) alla batteria e Ben Berry al basso, ideali compagni di viaggio in una raccolta di canzoni dal contenuto spesso politico ma mai predicatorio (a cominciare dal primo, rilassato e ironico singolo “Part Wolf”, ritratto dell’America odierna efficacemente scandito dagli accordi di un piano elettrico) in cui John disegna storie e personaggi con un acuto spirito di osservazione e il suo tradizionale senso dell’humour utilizzando una efficace tavolozza di colori musicali in cui si mescolano le tonalità del soul, del gospel e del rock del profondo sud degli Stati Uniti con il folk a cui Craigie è da sempre legato.
Il calore amichevole di una musica che sembra registrata dal vivo nell’intimità di un piccolo club si respira a partire dall’iniziale “Hustlin”, mentre l’arrangiamento vocale di “Don’t Ask” evoca immediatamente il classico suono della Motown. Altrettanto coinvolgenti e convincenti risultano l’elegante, levigata cover della sensuale “Crazy Mama” di J.J. Cale (un artista che il nostro richiama spesso nel suo stile ‘easy’ ma intenso), la gioiosa, armoniosa e pianistica “Don’t Deny”, l’atmosfera crepuscolare e sospesa della semiacustica “Vallecito” e una “Nomads” che, con la sua ode a San Cristoforo – santo patrono di tutti i viandanti e viaggiatori – ricorda l’educazione cattolica di un musicista che ama rifarsi ai classici ma con l’ambizione, ben riposta, di esplorare strade nuove e personali.
Un disco sorprendente perché, mentre ci si aspetta il lavoro di un folksinger, si è invece proiettati nel bel mezzo di sonorità che sembrano provenire da un qualsiasi studio di registrazione del sud quasi se come un artista folk fosse andato ad incidere nei Fame Studios in Alabama!!!
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