JOACHIM COODER- “Over The Road I’m Bound” cover albumNel suo debutto per la Nonesuch Records, “Over That Road I’m Bound” il cantautore e poli-strumentista Joachim Cooder gioca con le canzoni senza peli sulla lingua del progenitore della musica country e suonatore di banjo Uncle Dave Macon, e le rimodella nei testi e nelle melodie in funzione del suo strumento preferito: un mbira elettrico (una variante di un kalimba, un piccolo piano africano che si suona solo con i pollici). Cooder ha estratto le canzoni dal vasto catalogo di Macon e le ha registrate con la sua band e alcuni ospiti speciali, tra cui spicca il padre Ry al banjo, chitarra, basso e backing vocals, Rayna Gellert (violino), Juliette Commagere (cori), Sam Gendel (basso), Glenn Patscha (piano e organo a pompa), Amir Yaghmai (tambur yali), Dan Gellert (banjo e violino) e Vieux Farka Touré (chitarra).

Joachim è un ricercato percussionista da ormai due decenni, che ha partecipato anche a registrazioni ora passate alla storia quali le session di “Buena Vista Social Club”, e per conto proprio insieme ad artisti quali Ali Farka Touré, colui che fece avvicinare il nostro al mbira. Ha prodotto album di altri artisti, composto musica da film e ha collaborato con il coreografo Daniel Ezralow.

Macon è stato senza dubbio una figura fondamentale nell’evoluzione della musica americana come Jimmie Rodgers, il suo posto nel pantheon è affermato dalla recente serie di documentari country di Ken Burns. All’inizio del xx secolo, il nativo del Tennessee era una delle principali star, uno dei primi clienti abituali del Grand Ole Opry. Nato nel 1870, Uncle Dave costruì un repertorio di musica dell’ultima parte del xix secolo e lo fece rivivere per le orecchie dei primi del xx secolo: spettacolo di menestrelli e melodie vaudeville, canzoni popolari, e spirituali, raccolte da compagni di viaggio sia bianchi che neri.

Joachim ha ascoltato queste canzoni dal padre quando si cimentava al banjo e ha capito l’importanza di tale musicista quando ha appreso quanto fosse fondamentale per figure di primo piano quali Pete Seeger. C’era una canzone in particolare, “Morning blues”, da cui ricorda di essere stato attratto da bambino. Anni dopo, da adulto, si ricollegò alla musica di Macon: “portavo mia figlia a casa dei miei genitori e mio padre suonava il banjo, ed è stato allora che ho sentito di nuovo “Morning blues”. In quel momento suonava già il mbira, aveva pubblicato un disco e lo suonava spesso in tour. Ascoltando quella musica avvertiva quanto di ‘modale’ ci fosse nel banjo e così si unì a Ry con il mbira per suonare con lui. Il risultato era una musica ultra terrena che lo portò a pensare ad un disco con quei pezzi suonati con lo strumento africano. Ha iniziato ogni santa mattina ad ascoltare un cofanetto di Uncle Dave per studiarlo a fondo assieme alla figlia, con la quale sceglieva i brani giusti da inserire nel proprio progetto, iniziando anche a modificare i testi. Dopo lunghe sedute di ascolto comprese che Macon era un collezionista che raccoglieva le canzoni attorno a lui, nel modo di Alan Lomax, riproponendole e reinterpretandole per un nuovo pubblico. Ed era quello che stava facendo con le sue canzoni senza rendersene conto – reimmaginandole e riscrivendole. Stavano facendo una cosa simile in un certo senso.

È così che è nata questa opera, come era solito fare suo padre Ry, e, assieme ai suoi fiancheggiatori, si è immerso in un viaggio straordinario alle origini della musica americana. Da non mancare per nessuna ragione al mondo!!!


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