Una volta, se mi avessero chiesto chi preferissi tra Jimmie e Stevie Ray Vaughan, vi avrei sicuramente risposto il più giovane dei due. Al tempo adoravo gli assoli, poi, non so bene per quale motivo la mia preferenza è andata al maggiore. Forse ho compreso che gli assoli non sono fondamentali per determinare la grandezza di un musicista.
Jimmie è nato in Texas ed iniziò a suonare la sei corde all’età di tredici anni e le sue fonti di ispirazione furono i tre King, Jimmy Reed, ma soprattutto Johnny “Guitar” Watson, studiato più di qualsiasi altro chitarrista. Il gruppo di cui fu co-leader, i Fabulous Thunderbirds, furono la spiegazione per cui mi innamorai di lui. Non era facile suonare tra le pieghe della sezione ritmica, riempire i vuoti che si creavano, il nostro ci riusciva benissimo. Inoltre non sembrava un monotematico ascoltatore di blues, ma sapeva toccare anche altri generi quali il country, il R’n’B e tutte le deviazioni che il blues presenta, oltre al jazz ed al doo-wop.
Come altri musicisti prima di lui, decide di presentarci un lavoro che si riappropria della miglior tradizione musicale per farne un disco aggiornato ai giorni nostri in cui tutti sono più benevoli nei confronti del passato considerando che l’attualità lascia a desiderare. Le registrazioni sono state effettuate negli studi di San Marcos in Texas, gli strumentisti coinvolti di alta qualità e professionalità. La sezione fiati consta di Doug James e John Mills al baritono, Greg Piccolo e Kaz Kazanoff al tenore, Randy Zimmerman al trombone e Al Gomez alla tromba e sarebbe degna delle migliori big band, capaci di abbellire e completare con il loro tiro un brano fenomenale quale “I’m still in love with you” di T-Bone Walker. Naturalmente non possiamo esimerci di constatare quanto grandioso sia il basso di Billy Horton e i miglioramenti vocali di Jimmie.
Si avverte in ogni pezzo il gusto per l’esecuzione che è la qualità maggiormente importante dell’album. Prendete il country di Lefty Frizzel “No one to talk to but the blues”, nelle mani dei nostri diventa altro, quasi un pezzo autografo. Anche il blues di Lloyd Price che dà il titolo all’album dimostra la bravura di Vaughan con un fraseggio lineare e melodico lontano dai chitarristi veloci e dispensatori di note.
“So glad” di Fats Domino ci regala uno dei più bei solo sentiti recentemente, in cui l’aspetto melodico sopravvive agli strali della Stratocaster.
Mi sono accostato al disco leggermente prevenuto, ne esco con la certezza che non si tratta di pura e semplice malinconia per il passato, ma che certe canzoni hanno la possibilità di avere una nuova giovinezza nelle giuste mani!!!


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