Clamoroso ritorno in scena per la formazione post-punk texana, capitanata dal carismatico Moses Brown che questa volta sembra aggirarsi tra gli spettri di Swell Maps e Mission of Burma.
Gli Institute hanno trascorso una sola giornata per dare alla luce il demo, registrato in un garage della natia Houston, per poi preparare con più calma l’uscita dell’album a New York, luogo in cui risiede ora la metà della band. Ora ascoltando il lavoro non puntereste due lire sul fatto che i nostri siano texani, ma pensereste che provengano dall’Inghilterra del 1977. L’ispirazione è chiaramente quel suono oscuro del periodo citato a cui si aggiungono dosi di anarco-punk.
“Readjusting the locks” sembra puntare meno su basi post-punk per dedicarsi con maggior vigore all’hardcore come si può notare in “Can’t see nothin’”, ma la sensazione che nulla sia cambiato dai dischi precedenti è forte e motivata. Provate ad immergervi nel grezzo punk’n’roll che fuoriesce dai solchi di pezzi quali “MPS”, “Roll music” oppure “Fulled again” non pare proprio di essere fuori da quel suono che furoreggiava nel ’77 inglese, che si poteva apprezzare nei singoli che la celebre Stiff Records pubblicava per il nostro godimento.
Il loro impatto rimane sempre inalterato, crea sensazioni di malessere esistenziale, capace di essere trascinante e sicuramente rozzo, ma discretamente arty. Due parole ulteriori per descrivere il leader, Brown, le sue liriche sono sempre state farneticanti ed esprimevano il mal di vivere che lo caratterizzava, oggi sembra voler ampliare il discorso sul male che esiste nel mondo.
In definitiva un album immediato e corrosivo, proprio come i dischi di quel magico periodo a cui i nostri si rifanno!!!


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