Alynda Segarra cita il marrone come una delle numerose influenze chiave che hanno plasmato “Life on Earth”, il loro primo album come Hurray For The Riff Raff in cinque anni. Nel mix anche: i rivoluzionari punk delle grandi tende britanniche i Clash, l’icona new age canadese Beverly Glenn-Copeland e la superstar pop portoricana, urlante e irriverente del genere, Bad Bunny. Come suggerisce il titolo e le sue luci guida eclettiche e geograficamente stratificate, questo è un album dalla mentalità globale in molti sensi. In collaborazione con il produttore Brad Cook, che ha lavorato a combinazioni di genere altrettanto ambiziose per artisti del calibro di Bon Iver e Indigo de Souza, la fondazione folk-rock dalle sfumature latine di Hurray For The Riff Raff si è ampliata per includere rock alternativo, electro- pop organico, persino sprazzi di reggaeton. Segarra lo chiama ‘nature punk’ – musica sulla sopravvivenza e la prosperità all’interno di un crollo mondiale, costruita fondendo suoni da tutto il mondo.
Questo disco è incentrato su un’altra frase semplice e profonda, che amplia notevolmente la portata: ‘La vita sulla Terra è lunga / potrei non incontrarti lì’. Alynda ha descritto la title track – una ballata allungata e minimale al centro dell’album – come ‘un salmo a tutti gli esseri terreni’ e ‘una lettera riguardante la sofferenza dell’umanità che ha effetti su tutto questo pianeta’. Su un ronzio di organo, pianoforte e fiati jazz funebri degni della città natale adottiva della nostra, New Orleans, evocano la vastità di questo pianeta, la sua linea temporale e la sua gente.
La ragazza ha ulteriormente affinato la propria capacità di trasmettere grandi idee e suscitare emozioni complesse con i giri di parole ormai basilari. Spesso una o due righe contengono mondi interi. In “Wolves”, l’inizio dell’album disseminato di sintetizzatori, ‘Non è più sicuro a casa!’ lascia il posto a ‘Devi correre, piccola, sai come correre!’ L’appassionato rock “Pointed At The Sun” culmina con Alynda che si lamenta: ‘E mi crocifiggo!’ – uno schema distruttivo che mira a lasciarsi alle spalle. Sul movimentato e cupo gran finale “Saga”, riflette sulla testimonianza del Dr. Christine Blasey Ford contro Brett Kavanaugh. La canzone si trasforma sulla linea, ‘Non voglio che questa sia la saga della mia vita / Voglio solo che sia gratuita’, ma il suo ritornello finale si accontenta di determinazione in assenza di risoluzione: ‘Nessuno mi ha creduto!’.
La maggior parte di quei testi sono cantati come grida di battaglia che riempiono l’arena degne di Florence Welch, ma in “Life On Earth” gioca anche con il canto che fa riemergere la vecchia domanda se Bob Dylan fosse un rapper. In “Precious Cargo”, con una cadenza spassionata che mi ricorda “Rhinestone Eyes” dei Gorillaz di Damon Albarn, descrivono una storia straziante di immigrati travolti nei centri di detenzione. In linea con la filosofia olistica alla base del disco, è una delle numerose canzoni che affronta lotte umanitarie che davvero non possono essere districate dalla nostra comune crisi ecologica. Idem il rombo del singolo principale “Rhododendron”, scritto insieme a Jim James di My Morning Jacket, che si basa su un comando urgente consegnato con una punta di sfacciataggine: ‘Non voltare le spalle alla terraferma!’.
Ma non sembra mai che Hurray For The Riff Raff ti stia sottoponendo a una polemica. In qualche modo, stanno trasformando tutti quei pensieri e sentimenti complessi in inni senza ridurli a slogan vuoti. Potrebbe non essere abbastanza per salvare il mondo, ma almeno mi ha entusiasmato per il futuro di questa band!!!
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