Gli Holy Motors sono una realtà unica, una sorpresa emozionante che non mancherà di regalare nuova gioia ai fan di Mazzy Star e Slowdive. La band di Tallin, Estonia, guidata dall’incantevole voce di Eliann Tulve e dalla chitarra di Lauri Raus ha realizzato un gioiello di oscuro cowboy dream-pop, otto gemme che non avrebbero sfigurato nella colonna sonora di “Paris Texas” di Wim Wenders.
“Horse” è il secondo album dei ragazzi estoni, seguito dell’ottimo esordio “Slow Sundown” del 2018 e l’esordio per la newyorkese Wharf Cat. Anche se influenzati dall’Americana gli Holy Motors sono di Tallin, Estonia, nati nel 2013 quando il membro fondatore, principale songwriter e chitarrista Lauri Raus ha incontrato la cantante Eliann Tulve (al tempo sedicenne). Grazie al connubio tra le chitarre trasognanti della band e la voce di Eliann i nostri sono velocemente diventati un caso difficile da ignorare a livello internazionale, tanto da attirare l’attenzione di Pitchfork, riuscire a suonare al SXSW, aprire delle date dei Low e suonare nelle più importanti capitali europee e città degli States.
Gli Holy Mototrs sono una band unica, da tenere d’occhio e seguire in futuro, con uno stile immortale che si rifà al più classico sound nord americano, allo shoegaze e alle atmosfere cinematiche del cinema di Wim Wenders.
Lungo le otto tracce di “Horse” viene confermata la fascinazione verso le atmosfere dei grandi paesaggi ‘made in USA’, meglio se attraversati lentamente al calare della luna. I titoli delle canzoni parlano da soli: “Midnight Cowboy”, “Endless Night”, “Road Stars”, “Life Valley (So Many Miles Away)”… strade dritte, distese, chitarre twang, dream pop, rarefazioni psych e i Mazzy Star come stella guida.
Risulta difficile accettare che una simile musica sia eseguita da musicisti che provengono dall’Estonia, sarebbe più semplice e corretto considerarli il prodotto della provincia americana, che nella falsa apparenza in cui tutto sembra perfetto, in realtà si celano torbidi misteri che sembrano condurre dietro le quinte di “True detective” oppure in un immaginario cinematografico alla David Lynch.
Il nuovo lavoro è più sicuro di sé e rivolto in avanti rispetto al loro debutto. Questa volta, invece di appropriarsi direttamente delle colonne sonore dei film americani e western stelle e strisce, le chitarre raggiungono la grandiosità cinematografica semplicemente essendo evocative. Il miglior esempio di questo è la loro canzone più bella fino ad oggi, “Endless Night”. Colpendo tutte le frequenze, questa traccia da sola vale l’album e guadagna i riconoscimenti, lodando i chitarristi Lauri Raus e Gert Gutmann. Allo stesso tempo elegiaco e propulsivo, il pezzo finisce troppo presto.
Quel modello psichedelico di spaghetti western alimenta intriganti svolte drammatiche sia in “Trouble” che in “Matador”, che ha un falso finale che anticipa un bruciante outro di chitarra. Sebbene “Road Stars” sia efficace come toccasana per palati più sperimentali a metà album, la voce maschile che si unisce inaspettatamente a quella di Tulve è stridente; non è solo un buon duetto. “Life Valley (So Many Miles Away)”, uno strumentale in tonalità maggiore con voci senza parole, chiude l’album con una nota acuta. È il più “shoegaze” di qualsiasi cosa sul nuovo disco e, con alcuni pedali per effetti diversi, questa canzone suonerebbe perfettamente a proprio agio su “Nowhere” dei Ride. Prontamente paragonato a Mazzy Star, Lana Del Rey e Cowboy Junkies, con “Horse”, gli Holy Motors hanno realizzato un record magnifico e maestoso che pone miglia tra loro e i loro punti di riferimento!!!
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