HELEN MONEY- “Atomic”Alison Chesley è una violoncellista e compositrice che nel corso della sua carriera ha collaborato con vari artisti quali Sleep, Neurosis, Bob Mould e gli Earth con i quali fu possibile vederla in azione negli ultimi concerti tenuti in Italia. Quando agisce in solitudine è solita adottare il nome di Helen Money. La sua formazione è nell’ambito classico, ma la traiettoria non ortodossa della carriera dice molto sia dell’ampiezza che del tono della sua musica.
Il nuovo “Atomic” è stato realizzato con la mente ancora piena della morte di entrambi i genitori, nel periodo in cui sono diventati molto stretti i rapporti con i famigliari e con gli amici e si è trovata a riflettere sulle connessioni esistenti con la natura che ci circonda. Il risultato è un album intenso e ricco di passione tormentata, forse il migliore della sua carriera.
Undici tracce strumentali si susseguono con il violoncello grande protagonista in quanto usato in tutti i modi possibili e pensabili, ma accompagnato da arpa, dal piano, da batterie digitali, dall’elettronica modulare del compagno d’avventura Will Thomas, strumenti che rendono il sound più ricco ed interessante.
La decostruzione del dolore è un cammino che inizia con il magnifico brano “Midnight”. Si tratta di musica cameristica con una sensazione percepita di “fine del mondo”. In “Something Holy” occorre una certa predisposizione all’ascolto di sonorità strazianti, a tratti disturbanti, ma immersive e profondamente meditative, create da drones e feedback. Nonostante la quiete apparente, “Understory” è percorsa da una tensione in crescendo, dal punto di vista sonoro espressa da una distorsione sempre sul punto di esplodere. Deflagrazione che avviene in “Nemesis” che si spinge oltre i confini del noise.
Come potete sentire tutto lo scibile musicale conosciuto dalla Chesley è stato posto in essere, in aggiunta si assiste al post-rock di “Coil” e al bellissimo paesaggio acustico di “Coppe”.
Quasi alla fine del percorso si ha il piacere di imbattersi in una traccia di meravigliosa tristezza, “Redshift”, in cui è meraviglioso sprofondare per un’esperienza di desolata malinconia.
Opera di grande bellezza, ma non per tutte le orecchie!!!


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