HARAKIRI FOR THE SKY: “Maere” cover albumIl duo austriaco Harakiri For The Sky ha trascorso l’ultimo decennio affermandosi come uno dei nomi più cool da tenere in considerazione mentre il boom del post-black metal si è gonfiato fino alla massa critica. La loro fusione di melodie eteree ed espansive e riff duri e gelosi si sentiva quasi zeitgeisty qualche anno fa, così, mentre svelano il loro quinto album, “Mære”, rendersi conto di quali passi evolutivi abbiano compiuto sembra davvero intrigante.

Pur non amando particolarmente il genere devo ammettere che questo disco è veramente intrigante, un blend spurio di black metal shakerato con dosi di post-rock e con quel tipo di melodie molto sofferte che il genere ha sempre saputo offrire.

In definitiva, ciò che otteniamo è più una raffinatezza e una continuazione del suono che hanno creato, anche se questo non significa che non ci siano alcune sorprese lungo la strada e con la qualità ad uno standard incredibilmente alto. Dopo un’apertura decente, la seconda traccia, “Sing For The Damage We’ve Done”, è una fantastica dichiarazione d’intenti e imposta l’asticella per il resto del record. Pieno di riff sapientemente realizzati, alcuni turni ritmici di tamburi simili a tornado e passaggi di momenti delicati, ma maestosamente belli e sedati, è una canzone meravigliosa.

A suo merito l’album ha raggiunto quegli alti con impressionante regolarità, vale a dire l’epico viaggio di 11 minuti di “I’m All About The Dusk” e “Silver Needle” – il pianoforte lamentoso di “Alba Dorata” trasformato in tsunami blastbeat di rumore, ma il problema principale con “Mære” è che, nonostante non abbia mai toccato standard qualitativamente bassi da essere spento, il tempo di esecuzione di 85 minuti è estenuante. Per trascorrere così tanto tempo in compagnia di una band si avverte il bisogno di confondere le dinamiche in maniera maggiormente eterogenea di quanto fatto da Harakiri For The Sky qui.

Una cover di chiusura di “Song To Say Goodbye” dei Placebo porta un sapore diverso, tanto necessario, al disco sotto forma di un po’ di orecchiabilità alt-rock e alcuni momenti percussivi post-punk che sanno trasformare il pezzo in un brano molto personalizzato.

Questo avrebbe potuto essere un album fantastico, ma con la stanchezza dell’ascoltatore determinata dalla lunghezza dell’opera, ciò rende “Mære” solo un ottimo disco. Piacerà sicuramente ai seguaci del genere, un po’ meno a coloro che preferiscono sonorità più variate!!!


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