E così, alla fine dello scorso maggio, Gregg se n’è andato. La malattia contro cui aveva lottato a lungo negli ultimi anni ce lo ha portato via, ha raggiunto il fratello Duane e magari da lassù suoneranno per le stelle e per tutti coloro che vorranno, beati loro, ascoltarli. Fortunatamente, per noi terreni ha lasciato un testamento, il suo ultimo album ‘Southern Blood’. Chi lo aveva ascoltato in anticipo lo ha giudicato un grande disco, forse il suo migliore. Il lavoro è stato prodotto da Don Was, registrato ai Fame Studios di Muscle Shoals in Alabama, luoghi da cui sono usciti capolavori della musica soul e rhythm’n’blues e dove il fratello Duane suonando come session man aveva cominciato a far parlare di sé. Si tratta di un’opera di classica southern music, intrisa di blues, soul, country e rock, con solo dieci canzoni come accadeva negli anni ’70, di cui solo una porta la firma del nostro assieme a Scott Sharrard, suo chitarrista, mentre le altre sono covers più o meno famose a cui Allman dà il suo particolare blend vocale. Il brano iniziale è ‘My Only True Friend’, una magnifica ballata intrisa di soul con la voce e il piano del leader grande protagonista, e una potente sezione fiati a contrappuntare per oltre sei minuti. Il secondo pezzo è ’Once I Was’ di Tim Buckley, lenta ed introspettiva, velata di malinconia, che permette al nostro di dispiegare la sua calda vocalità. E’ poi il turno di Dylan, con ‘Going Going Gone’, il cui testo è una presa di coscienza da parte di Gregg che il tempo è finito, ed è forse il pezzo più bello e struggente dell’intera raccolta. Sono un fan dei Grateful Dead, ed è quindi con piacere che ascolto ‘Black Muddy River’, è una rilettura sentita e appassionata. Un altro brano per cui provo sempre forti emozioni è ‘Willin’’ dei Little Feat, la resa è molto classica con la voce al centro di tutto, il pianoforte che contrappunta ed il resto della band accompagna con grande feeling. Nel suo svolgimento l’album dà la sensazione che Gregg sia conscio di essere arrivato alla fine, per cui si avverte un mood dolente e nostalgico, e visto che è un addio il pezzo conclusivo è ‘Song for Adam’ di Jackson Browne, che partecipa alla voce e all’acustica. Un brano riflessivo ed interiore che ha il tipico suono del cantautore californiano. Cala il sipario per un grande artista ma rimarrà sempre il midnight rider, colui che mai nessuno potrà fermare.

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